Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2013 alle ore 17:43.

My24

A dire il vero, studi recenti suggeriscono che l'aumento della spesa governativa può sortire l'effetto di un temporaneo incremento della produzione e dell'occupazione durante periodi di grave e prolungata recessione, una volta che la banca centrale abbia portato a zero i tassi d'interesse a breve termine. Tuttavia, gli stessi studi implicano che il moltiplicatore della spesa pubblica sarà basso o addirittura negativo a seconda delle circostanze e che, in ogni caso, tenderebbe a calare rapidamente.

Tali circostanze comprendono, innanzitutto, un elevato rapporto debito/Pil, con tassi d'interesse in aumento che ostacolano la crescita. Allo stesso modo, durante i periodi di espansione, una spesa pubblica più elevata ha maggiori probabilità di spiazzare la spesa privata. La spesa per i trasferimenti e/o gli acquisti non militari – che si possono consolidare od ottenere in maniera meno dispendiosa all'estero (ad esempio, i pannelli solari e le turbine eoliche nell'ambito del programma americano di incentivi finanziari del 2009) – è destinata a produrre solo un moltiplicatore basso. E, laddove l'economia abbia tassi di cambio flessibili, se la spesa governativa fa aumentare i tassi d’interesse, la moneta si rafforzerà determinando una diminuzione degli investimenti e delle esportazioni nette. Infine, agli effetti di una spesa governativa più elevata possono contrapporsi le aspettative dei cittadini in merito a un inasprimento tributario una volta che la banca centrale abbia rinunciato al limite inferiore pari a zero sui tassi d’interesse (inducendoli, quindi, a spendere di meno).

Queste considerazioni valgono per gli Stati Uniti e per alcuni paesi europei di oggi. Unitamente a una cattiva progettazione, esse spiegano perché la politica di incentivi americana del 2009 sia costata diverse centinaia di migliaia di dollari per ciascun posto di lavoro temporaneo creato.

Ricerche recenti rivelano, inoltre, che, a partire dalla Seconda guerra mondiale, la riuscita del consolidamento finanziario nei paesi OCSE – definito come la stabilizzazione del bilancio mentre si evita la recessione – ha prodotto una media di 5-6 dollari di tagli effettivi per ogni dollaro di incremento tributario. C’erano molte meno probabilità che dei tagli alla spesa, in particolare per l'assistenza e i trasferimenti, provocassero una recessione, rispetto all'aumento delle tasse. Purtroppo, l'inasprimento tributario è prevalso in molti consolidamenti europei recenti, tra cui il salvataggio di Cipro della settimana scorsa.

Naturalmente, bisogna agire con cautela al fine di evitare di pretendere troppo da un consolidamento a breve termine. Dopotutto, tanto l'economia americana quanto quella europea differiscono nettamente dagli altri casi del dopoguerra sotto vari aspetti: dimensioni, consolidamento simultaneo in più Paesi, tassi di interesse già bassi, e lo status del dollaro come principale valuta di riserva globale.

Tuttavia, lasciando da parte i periodi di grave recessione, la validità dell'affermazione keynesiana sulla necessità di rimandare i tagli di spesa per evitare di compromettere l'economia è quantomeno vaga, anche perché in base alla stessa l'unico momento adatto per controllare la spesa coinciderebbe con un boom prolungato. Il fatto, però, è che deficit e debito elevati riducono le prospettive di un boom prolungato. Inoltre, pianificare in modo credibile una graduale riduzione della spesa durante la ripresa dell'economia non è un compito facile, vista l’influenza della politica sull’economia e la mancanza di continuità tra una legislatura e l’altra.

Ancor peggio, il prezzo del rinvio e dell'aumento del deficit e del debito è molto elevato. Negli Stati Uniti, ad esempio, senza una riforma radicale dei programmi assistenziali – che stanno crescendo a dismisura a causa dell'aumento dei vantaggi effettivi per i beneficiari e dell'invecchiamento della popolazione – la prossima generazione potrebbe vedere il proprio tenore di vita ridursi del 20%.

Le riforme più credibili sono di tipo strutturale – ad esempio, l'innalzamento dell'età pensionabile e la modifica delle formule beneficiare – e difficili da modificare una volta attuate. Stabilire un target in dollari (o sterline o euro) per i tagli di bilancio è molto meno efficace, perché si può facilmente correggerlo, così come invertire i tagli, per arginare problemi di natura politica.

Se esistessero degli incentivi a breve termine che agissero tempestivamente e fossero in grado di aumentare la produzione e l'occupazione a costi ragionevoli e diluiti nel tempo, non avrei dubbi. Tuttavia, è dimostrato che una politica fiscale efficace, anche con tassi d’interesse al limite inferiore pari a zero, resta, nel migliore dei casi, un’opzione teorica soggetta a pesanti vincoli politici. Mentre il consolidamento può generare dei costi sul breve periodo, soprattutto in una fase di recessione, la scelta del rinvio comporta costi a lungo termine di dimensioni colossali. L’ideale sarebbe introdurre un buon programma di consolidamento in maniera graduale, ma in ogni caso il consolidamento deve andare avanti, e principalmente attraverso il controllo della spesa.

Traduzione di Federica Frasca

Michael Boskin, professore di economia all'Università di Stanford e senior fellow presso la Hoover Institution, ha presieduto il Council of Economic Advisers sotto la presidenza di George H. W. Bush dal 1989 al 1993.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

Shopping24

Dai nostri archivi