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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2013 alle ore 15:15.

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CAMBRIDGE – Nel 2001 di Goldman Sachs ha coniato il famoso acronimo Bric per indicare le quattro potenze emergenti del mondo: Brasile, Russia, India e Cina. Ma, oltre un decennio più tardi, l’unica cosa che questi Paesi hanno in comune è il fatto di posizionarsi tra le 15 maggiori economie del mondo (a parità di potere d’acquisto) senza essere membri dell’Ocse.

I quattro Paesi hanno strutture economiche molto diverse: la Russia e il Brasile fanno leva sulle materie prime, l’India sui servizi e la Cina sul manifatturiero. Il Brasile e l’India sono democrazie, mentre la Cina e la Russia decisamente non lo sono. E come , la Russia è una superpotenza in declino, mentre la Cina e (meno marcatamente) gli altri sono in ascesa.

Eppure, in uno strano caso di vita che imita la fantasia, i Brics (ai quattro Paesi originari si aggiunge ora il Sud Africa) hanno formato un gruppo a se con meeting regolari e iniziative politiche. Il loro impegno più ambizioso ad oggi è la creazione di una banca per lo sviluppo.

Durante l’incontro tenutosi a Durban a marzo, i leader dei cinque Paesi hanno annunciato che la Nuova Banca per lo Sviluppo si concentrerà sugli investimenti nelle infrastrutture dei Paesi in via di sviluppo, che, a detta loro, disponevano di insufficienti finanziamenti a lungo termine e investimenti diretti esteri. Hanno promesso di dare un iniziale contributo di capitale alla banca che sia sostanziosa e sufficiente affinché la banca possa finanziare le infrastrutture. Una seconda iniziativa annunciata a Durban è la creazione di uno strumento di riserva contingente da 100 miliardi di dollari per affrontare le pressioni di liquidità a breve termine.

È certamente sorprendente il fatto che le maggiori economie emergenti del mondo si parlino regolarmente tra loro e stabiliscano iniziative comuni. Ciò nonostante, è deludente il fatto che abbiano scelto di dare la priorità ai finanziamenti per le infrastrutture.

Questo approccio rappresenta la visione di sviluppo economico degli anni Cinquanta, che da tempo è stata sostituita da una prospettiva più variegata che riconosce una molteplicità di limiti (dalla scarsa governance ai fallimenti dei mercati) di diversa importanza in Paesi differenti. Forse oggi si può dire che l’economia globale soffre troppo, e non poco, per i finanziamenti oltrefrontiera.

Quello che il mondo chiede ai Brics non è un’altra banca per lo sviluppo, ma una maggiore leadership per affrontare le grandi questioni globali di oggi. I Paesi Brics accolgono circa la metà della popolazione mondiale e la maggior parte del potenziale economico non utilizzato. Se la comunità internazionale non riesce ad affrontare le sfide più serie – dalla necessità di una solida architettura economica globale al problema dei cambiamenti climatici – saranno i Brics a pagare il prezzo più caro.

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