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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2013 alle ore 11:14.

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Tuttavia, il loro lavoro e quello di altri convalida la tesi dell'esistenza di una correlazione fra un debito più alto e una crescita più lenta. Ma una correlazione non è, nel modo più assoluto, una causa. Potrebbe essere la crescita lenta che provoca l'aumento del debito, teoria sostenuta da Arindrajit Dube, anche lui dell'Università del Massachusetts ad Amherst. Prendete il caso del Giappone: l'alto debito pubblico è la causa della crescita lenta o ne è la conseguenza? Io direi che è la conseguenza. E ancora: il debito pubblico alto è la causa della crescita fiacca dell'economia britannica? No. Prima della crisi, il debito pubblico del Regno Unito era vicino al livello più basso, rispetto al Pil, degli ultimi tre secoli. L'aumento del debito pubblico britannico è un risultato della scarsa crescita, o più precisamente della causa di questa scarsa crescita, cioè la colossale crisi finanziaria.

In realtà, nel loro capolavoro questa volta è diverso. Otto secoli di follia finanziaria, Reinhart e Rogoff spiegavano come l'aumento smisurato del debito privato potesse condurre a crisi finanziarie che a loro volta provocavano pesanti recessioni, riprese fiacche e aumento del debito pubblico. Questa volta è diverso è un saggio di fondamentale importanza, che giunge alla chiara conclusione che l'aumento del debito pubblico è conseguenza di una crescita lenta, a sua volta innescata dalla crisi. Non significa che non ci sia un rapporto di causalità bidirezionale, ma la spinta è quella che porta dagli eccessi della finanza privata alla crisi, e quindi al rallentamento della crescita e all'aumento del debito pubblico, non il contrario. Basta chiederlo a irlandesi o spagnoli.

Ne consegue che al momento di valutare le conseguenze del debito in termini di crescita bisogna chiedersi quali siano le ragioni che hanno prodotto questo aumento del debito. Ci sono state guerre da finanziare? C'è stata dissipatezza di bilancio nei periodi di boom economico, elemento che quasi sicuramente riduce la crescita? La spesa in beni pubblici di alta qualità è stata tale da favorire la crescita? E infine, l'aumento del debito pubblico ha fatto seguito a un crac finanziario del settore privato?

Cause diverse producono risultati distinti. E le ragioni dell'elevato livello del disavanzo e dell'incremento del debito influenzano i costi dell'austerity. Normalmente ci si può permettere di ignorare le conseguenze macroeconomiche di una stretta sui conti pubblici, perché si può contare su una spesa privata consistente o su una politica monetaria efficace. Ma dopo una crisi finanziaria è probabile che si produca un eccesso di voglia di risparmio nel settore privato, perfino quando i tassi di interesse sono vicinissimi allo zero.

In una situazione del genere, imporre subito il rigore di bilancio produrrà effetti controproducenti, spingendo l'economia in una profonda recessione e riducendo solo in misura limitata debito e disavanzo. Inoltre, come fa notare anche il Global Financial Stability Report del Fondo monetario internazionale, stimoli monetari estremi in circostanze del genere creano a loro volta pericoli seri. Ma nessuno di quelli che sostengono l'importanza che la spesa pubblica continui a sostenere l'economia in queste circostanze specifiche (quanto rare) pensa che «gli stimoli di bilancio sono sempre giusti», come lascia intendere Anders Åslund del Peterson Institute. Nel modo più assoluto: contrariamente a quello che gli «austeriani» sembrano credere, gli stimoli, molto semplicemente, non sono sempre sbagliati.

Ecco perché ero – e rimango – preoccupato per l'influenza intellettuale in favore dell'austerity esercitata da Reinhart e Rogoff, due studiosi per cui nutro un grande rispetto. La questione in questo caso non è nemmeno quale sia la causa e quale sia l'effetto: la questione è quali costi comporta fare sforzi per frenare l'aumento del debito pubblico dopo una crisi finanziaria. Nell'ultimo World Economic Outlook, il Fmi osserva che le misure di spesa pubblica dirette per sostenere la ripresa sono eccezionalmente limitate. Più che normale, quindi, che la ripresa stessa sia limitata. Una delle ragioni di questo scarso sostegno a economie colpite dalla crisi è la preoccupazione per l'alto livello di debito pubblico. Lo studio di Reinhart e Rogoff ha offerto giustificazioni a questa preoccupazione. Certo, quei Paesi della zona euro che non sono in grado di ottenere credito devono risanare i conti pubblici. Ma i loro partner potrebbero sostenere la spesa o compensare le loro misure con altre politiche. Altri Paesi che hanno margine di manovra, come gli Stati Uniti e perfino il Regno Unito, avrebbero potuto – e dovuto – imboccare un'altra strada. Non avendolo fatto, la ripresa è stata più debole di come avrebbe potuto e il costo a lungo termine della recessione molto più pesante del necessario. È stata un'enorme cantonata. Non è ancora troppo tardi per ripensarci.
Copyright The Financial Times Limited 2013

(c) 2013 The Financial Times Limited
(Traduzione di Fabio Galimberti)

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