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Questo articolo è stato pubblicato il 06 giugno 2013 alle ore 14:38.

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Tra i giovani compresi invece nella fascia d’età tra i 20 ed i 24 anni, la differenza del tasso di disoccupazione riportato e la percentuale di giovani disoccupati e in cerca di lavoro (ovvero il rapporto di disoccupazione) è meno netto. Ma anche all’interno di questa fascia d’età si può osservare che il rapporto di disoccupazione è spesso circa la metà del tasso di disoccupazione che viene reso noto.

Ci si dovrebbe chiedere, inoltre, quanto la disoccupazione giovanile contribuisca al tasso di disoccupazione totale. Osservando il problema da questo punto di vista si ha una visione ben diversa rispetto a quella generalmente presentata.

Nei paesi in cui questo problema è sui titoli dei principali quotidiani (il sud dell’eurozona dove la Grecia e la Spagna sembrano avere i contesti più gravi), la disoccupazione giovanile rappresenta meno di un quarto della disoccupazione totale. Per contro, la disoccupazione giovanile contribuisce ben di più (ovvero per il 40%) alla disoccupazione totale in paesi come la Svezia ed il Regno Unito. Si potrebbe quindi sostenere che il Regno Unito dovrebbe preoccuparsi della sua disoccupazione giovanile ben di più della Spagna o della Grecia.

Il fatto che la disoccupazione giovanile sia parte di un problema ben più ampio ci porta alla vera domanda politica: perché i funzionari statali dovrebbero investire tempo, energia e fondi pubblici specificatamente sui giovani e non su tutti i disoccupati?

La disoccupazione di un adolescente rappresenta forse una perdita ben più grande per la società di quella di una madre single o di un lavoratore anziano che spesso si trovano a dover sostenere un’intera famiglia solo con il proprio stipendio? La perdita del valore aggiunto prodotto da un adolescente è probabilmente molto inferiore.

In termini puramente economici, si potrebbe dire che la disoccupazione giovanile (in particolar modo la disoccupazione dai lavoratori adolescenti part-time) è meno rilevante della disoccupazione di chi è al culmine della carriera professionale e del guadagno. Inoltre, i giovani possono continuare gli studi, contribuendo ad aumentare il potenziale del proprio guadagno futuro, mentre per gli adulti decidere di proseguire gli studi è spesso un’opzione poco praticabile.

L’Europa ha un problema macroeconomico generale determinato dal fatto che i fattori della domanda si trovano ad interagire con un mercato del lavoro rigido, e non un problema specifico di disoccupazione giovanile. Ciò significa che non c’è bisogno di misure ad hoc per i giovani che rischiano semplicemente di sovraccaricare il sistema del welfare attraverso nuove esenzioni e norme speciali.

Traduzione di Marzia Pecorari

Daniel Gros è direttore del Center for European Policy Studies.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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