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Questo articolo è stato pubblicato il 16 luglio 2013 alle ore 19:03.

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Gli Scambi Commerciali Transatlantici Diventano Globali

Appena si restringe la portata della liberalizzazione commerciale, ne diminuiscono i vantaggi - in modo più che proporzionale. Le stime dei guadagni annuali derivabili da un TTIP pienamente realizzato sono di 160 mila milioni di dollari per la UE e di 128 mila milioni dollari per gli Stati Uniti. Il primo ministro britannico David Cameron prevede due milioni di nuovi posti di lavoro. E una spinta non inflazionistica alla crescita, all’interno di un’economia globale debole, sarebbe particolarmente tempestiva.

Ma le difficoltà si manifestano nei dettagli. Le tariffe sono generalmente già modeste, così i guadagni derivabili da una loro ulteriore riduzione sarebbero altrettanto modesti. È fondamentale rimuovere le barriere non tariffarie, come le regolamentazioni e le restrizioni locali non basate su problemi di sicurezza o di salute scientificamente legittimati, nonostante le pressioni politiche per mantenerle o restringerle. La limitazione della portata del commercio e degli investimenti oggetto del TTIP ne ridurrebbe parimenti i benefici.

I negoziati commerciali possono diventare sia ampi e profondi, o ristretti e limitati. Il NAFTA, per esempio, ha seguito il primo percorso, aumentando notevolmente il commercio tra gli Stati Uniti, il Canada e il Messico. Il suo omologo, il SAFTA (l’Accordo di Libero Scambio dell’Asia Meridionale), procedeva lentamente verso la riduzione delle tariffe e la definizione della lista di beni da interdire, così l’India ha firmato, in separata sede, accordi bilaterali di libero scambio con il Bangladesh e lo Sri Lanka.

Il TTIP viene suddiviso in 15 specifici gruppi di lavoro. Mentre i negoziati sono nuovi, le questioni che separano le due parti sono di lunga data e ampiamente note. Una delle più difficili è la limitazione della UE alle importazioni di alimenti geneticamente modificati, che costituisce un grave problema per l’agricoltura statunitense. Un altro aspetto problematico è costituito dalla regolamentazione finanziaria, con le banche statunitensi che preferiscono le norme della UE al quadro più rigido presente in patria (come ad esempio da applicare alle grandi banche, recentemente proposti dai regolatori finanziari americani).

Diversi altri punti di disaccordo, molto importanti, ostacolano la strada verso un accordo completo. Ad esempio, le aziende farmaceutiche americane ricevono una protezione della proprietà intellettuale più efficace nel proprio paese che nella UE. L’industria dello spettacolo diventerà sempre più oggetto di contenzioso con la distribuzione dei film online. E l’anacronistico stabilisce che le merci trasportate tra i porti degli Stati Uniti vengano imbarcate solo su navi americane (si ricordi la confusione circa le possibilità delle navi straniere a prestare soccorso durante la fuoriuscita del petrolio della BP nel Golfo). Le norme di sicurezza e le restrizioni sul controllo estero delle imprese in settori sensibili costituiscono ulteriori punti di contesa.

Il TTIP non riguarda solo gli Stati Uniti e l’Unione Europea. Il Messico ha già un accordo di libero scambio con la UE, e il Canada sta negoziandone uno. Ad un certo punto, sarà necessario armonizzare tra loro il NAFTA e il TTIP.

Nel frattempo, gli altri paesi del mondo – che ancora rappresentano più della metà del PIL mondiale e la maggior parte del commercio globale e degli investimenti diretti esteri - si chiedono come il TTIP andrebbe ad interessare ciascuno di loro. Una possibilità, suggerita dalla mia ex-collega, la precedente Rappresentante americana del Commercio, Carla Hills, è che un TTIP di successo costituirebbe un impulso importante per la riaccensione del moribondo Doha Round dedicato ai negoziati globali sul libero scambio. L’Uruguay Round ha ricevuto un impulso simile poco dopo la firma del NAFTA.

Tutti, ovunque, sono interessati alle modalità con cui si svilupperanno i negoziati TTIP, e in ultima analisi, a ciò che ne risulterà. Per fare un semplice esempio, le norme UE sulle importazioni agricole geneticamente modificate provenienti dal Nord America, se rese più ragionevoli, e trasferite in Africa in modo adeguato, e con un attento monitoraggio, potrebbero costituire un enorme vantaggio per l’agricoltura africana. L’incapacità di fare passi avanti su questo punto nei negoziati TTIP quasi certamente bloccherebbe gli alimenti geneticamente modificati in Africa.

Analoghi problemi sorgono in un settore dopo l’altro, e in un regolamento dopo l’altro. Possiamo sperare, ma non avere in nessun modo la garanzia, che i dettagli concordati al termine dei negoziati TTIP giustifichino l’entusiasmo del loro avvio.

Michael J. Boskin, Professore di Economia alla Stanford University e Senior Fellow della Hoover Institution, è stato Presidente del Consiglio dei Consulenti Economici di George H.W. Bush dal 1989 al 1993.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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