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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2013 alle ore 19:47.

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Con varie banche dei paesi in crisi sull'orlo del fallimento, molti di questi prestiti sono diventati tossici. Dopotutto, considerando la media delle stime riportate da fonti attendibili, le perdite derivanti dal deprezzamento delle banche dei sei paesi in crisi ammontano a circa 670 miliardi di euro. Partecipare all’ammortamento metterebbe in crisi l'Eurosistema (la Bce e le banche centrali degli Stati membri della zona euro), che detiene un capitale proprio di soli 500 miliardi di euro circa, e renderebbe palese la rischiosità della strategia della Bce, che prevede la stampa di cartamoneta per salvare le banche, compresi i loro clienti pubblici e privati.

È chiaro, quindi, che per evitare le perdite subite dalla politica fiscale della Bce, di fatto regionale, occorre trasferire i costi dell’ammortamento dalla Bce al MES. Ciò non comporta alcuna differenza per i contribuenti, che devono comunque pagare per le perdite di entrambe le istituzioni, ma ha il vantaggio di consentire alla Bce di uscirne con un bilancio pulito, consentendole così di mantenere la sua attuale politica.

In sostanza, questo è solo un altro round del vecchio gioco al nascondino finanziario dell'eurozona, in cui le perdite vengono mascherate grazie a una ripartizione tra istituzioni e orizzonti temporali diversi. Il gioco è iniziato con il fondo di salvataggio per la Grecia, cui hanno fatto seguito il Fondo europeo di stabilità finanziaria, il Meccanismo europeo di stabilità finanziaria e il Fondo monetario internazionale, i quali a loro volta sono stati rimpiazzati dal MES. In tutti questi casi, uno dei principali obiettivi era ridurre l'onere sulla Bce, che aveva anticipato il denaro stampandolo e che, senza aiuto, si sarebbe trovata in serie difficoltà.

L'intera trama è molto problematica dal punto di vista della democrazia, perché le decisioni iniziali sulla svalutazione dei mercati finanziari attraverso il credito pubblico sono state prese dal Consiglio direttivo della Bce, in cui paesi grandi come la Francia o la Germania hanno lo stesso potere di voto di Cipro o Malta. Di fatto, l'allocazione di liquidità di emergenza alle banche centrali nazionali richiedeva l'approvazione di soltanto un terzo dei membri del Consiglio direttivo, e i sei paesi in crisi hanno ottenuto i voti necessari. Secondo la proposta dell'Eurogruppo, anche questi prestiti auto-assegnati dovranno ora essere garantiti dal MES.

In attesa di una decisione in merito, i parlamenti nazionali dell'Unione europea non hanno altra scelta che dare il proprio assenso, perché fare il contrario danneggerebbe gravemente la Bce. Quando finalmente arriveranno al voto – nel frattempo saranno trascorsi anni dalle rischiose manovre creditizie dell’istituto – non potranno far altro che salvare la Bce, la vera potenza egemone dell'eurozona.

Traduzione di Federica Frasca

Hans-Werner Sinn è professore di economia e finanza pubblica presso l'Università di Monaco di Baviera, e presidente dell'IFO Institut.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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