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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2013 alle ore 16:48.

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Questo è ciò che è successo negli Stati Uniti, e la recente ripresa economica è stata infatti accompagnata da un’espansione sia delle esportazioni che delle importazioni. L’impatto delle varie operazioni di quantitative easing sui mercati emergenti (e sul resto del mondo) è stato quindi più o meno neutrale.

In Europa invece l’austerità ha avuto un impatto profondo sul conto corrente dell’eurozona che è passato da un deficit di circa 100 miliardi di dollari nel 2008 ad un surplus di circa 300 miliardi di dollari quest’anno. Quest’impatto è stato una conseguenza dell’arresto improvviso dei flussi di capitale verso i membri dell’Europa del sud dell’eurozona che ha obbligato questi paesi a trasformare i loro conti corrente da un deficit combinato pari a 300 miliardi di dollari nell’attuale lieve surplus. Dato che i paesi dell’eurozona del nord Europa con un surplus esterno, ovvero la Germania e i Paesi Bassi, non hanno aumentato la loro domanda, l’eurozona registra oggi in termini complessivi il surplus di conto corrente più ampio a livello mondiale, superiore persino a quello della Cina che è da lungo tempo accusata di manipolazioni monetarie a scopo competitivo.

Quest’oscillazione straordinaria di circa 400 miliardi di dollari nel bilancio di conto corrente dell’eurozona non è il risultato di una svalutazione competitiva in quanto l’euro è rimasto forte. Pertanto la vera ragione che sta dietro all’attuale surplus esterno dell’eurozona è che la domanda interna è stata così debole da provocare un ristagno delle importazioni negli ultimi cinque anni (il tasso medio di crescita annuale è stato infatti pari ad un misero 0,25%).

La causa di questa situazione è, in una parola, l’austerità. La debolezza della domanda in Europa è la vera ragione per cui gli attuali conti correnti dei mercati emergenti si sono deteriorati (e, ad eccezione della Cina, andati in deficit).

Pertanto, i leader dei mercati emergenti si sarebbero semmai dovuti lamentare dell’austerità europea e non delle operazioni di quantitative easing statunitensi. Il discorso di Ben Bernake, presidente della Fed sulla riduzione del quantitative easing avrà magari provocato l’attuale colpo di instabilità, ma la vulnerabilità di fondo dei mercati emergenti dipende dall’Europa.

La volatilità dei mercati capitali pone ancora una volta il paradosso della frugalità. Con il deflusso di capitali dai mercati emergenti, questi paesi saranno a breve obbligati ad adottare una propria politica di austerità e gestire i surplus del conto corrente proprio come si trovano a fare oggi i paesi della periferia dell’eurozona. Ma chi sarà a quel punto capace e disposto a gestire un deficit?

Mi vengono in mente due delle principali economie a livello mondiale. La Cina, vista la solidità del suo bilancio, e l’eurozona visto lo status dell’euro come valuta di riserva. Ma entrambi sembrano impegnate a gestire ampi surplus (in effetti i due maggiori surplus a livello mondiale). Ciò implica che, a meno che gli Stati Uniti non riprendano il ruolo di consumatore di ultima istanza, l’ultimo scossone di agitazione dei mercati indebolirà ancora di più l’economia globale, mentre un’eventuale ripresa globale, se mai ci sarà, sarà molto probabilmente squilibrata.

Traduzione di Marzia Pecorari

Daniel Gros è direttore del Center for European Policy Studies.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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