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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2013 alle ore 17:04.

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DUBAI – Gli (MDG) rappresentano importanti punti di riferimento mondiale per affrontare temi sociali fondamentali come la povertà, la salute, la fame e l’istruzione. Dal momento che prendono avvio le discussioni su forma e ambito del programma di sviluppo globale che subentrerà ai MDG, in scadenza nel 2015, sarebbe utile considerare il ruolo del settore privato e riconsiderare l’approccio complessivo della comunità internazionale nei confronti dello sviluppo.

Lo sviluppo economico è il miglior modo, se non l’unico, per raggiungere una notevole riduzione della povertà. Forma un circolo vizioso: la crescita crea lavoro e il lavoro riduce la povertà.

Il settore privato gioca un ruolo chiave. I flussi di capitale di questo settore ora sono minuscoli rispetto ai tradizionali flussi di aiuti del settore pubblico. Ad esempio, dei 200 miliardi di dollari in risorse americane totali dedicati allo sviluppo nel 2010, l’87% proveniva dai flussi privati. Negli anni ’60 l’assistenza estera ufficiale per lo sviluppo rappresentava il 70% dei flussi di capitale diretti ai Paesi in via di sviluppo.

Un quadro simile emerge a livello globale. La mobilitazione domestica delle risorse, le rimesse dei lavoratori espatriati, il debito privato, i titoli di capitale e i contributi filantropici superano gli aiuti ufficiali internazionali di un ampio margine. I flussi privati non sono più la coda, ma il cane scodinzolante che scuote l’agenda per lo sviluppo.

Ciò nonostante, gran parte della comunità per la politica di sviluppo resta attaccata al passato. I policy maker, ad esempio, insistono sull’importanza delle partnership pubblico privato e sostengono che il settore privato debba imparare a collaborare con il settore pubblico.

Ma sarebbe meglio definire la realtà di oggi come partnership pubblico filantropico privato (espresse in questo ordine per riflettere la relativa importanza di ciascuna componente) oppure P-4. Dobbiamo persuadere le istituzioni pubbliche a focalizzarsi su come lavorare meglio con le controparti private, e non vice versa, perché i settori pubblico e privato condividono un interesse nell’accelerare lo sviluppo economico e garantire che tutti beneficino della globalizzazione.

Non si intende in questo modo sminuire il ruolo importante rivestito dal settore pubblico, che da solo crea le condizioni – lo stato di diritto, solide politiche macroeconomiche e buoni regimi regolatori – necessarie per far fiorire il settore privato. Catalizzano, ad esempio, lo sviluppo di regimi patrimoniali e doganali di supporto, compresa la creazione di agenzie di credito e norme a tutela dei diritti dei creditori – tutti prerequisiti necessari per incanalare i flussi di finanziamenti.

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