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Questo articolo è stato pubblicato il 14 settembre 2013 alle ore 21:48.
NEW YORK – All'epoca del crollo della Lehman Brothers, avvenuto cinque anni fa, l'agenzia di rating Standard & Poor's aveva mantenuto il livello "A" per la banca di investimento fino a sei giorni prima del fallimento, mentre Moody's aveva aspettato addirittura fino al giorno prima per tagliare il rating. Come è possibile che agenzie di rating e banche d'investimento così rispettabili abbiano commesso un simile errore di giudizio?
Gran parte della responsabilità della crisi va attribuita ai regolatori, ai banchieri e alle agenzie di rating. Tuttavia, lo sfiorato tracollo non è stato tanto frutto del fallimento del capitalismo, quanto della mancata comprensione, da parte dei modelli economici contemporanei, del ruolo e del funzionamento dei mercati finanziari – e, più in generale, dell'instabilità – nelle economie capitaliste.
Tali modelli hanno fornito il fondamento scientifico delle decisioni politiche e delle innovazioni finanziarie che hanno aumentato le probabilità, se non l'inevitabilità, della peggiore crisi dai tempi della Grande Depressione. Dopo il crollo della Lehman, l'ex presidente della Federal Reserve Alan Greenspan ha ammesso davanti al Congresso degli Stati Uniti di aver "trovato una falla" nell'ideologia secondo cui l'interesse personale proteggerebbe la società dagli eccessi del sistema finanziario. Ma ormai il danno era fatto.
Questa convinzione può essere riconducibile alla teoria dominante sulle cause dell'instabilità dei prezzi degli asset, la quale tiene conto dei rischi e delle fluttuazioni dei prezzi degli stessi, come se il futuro fosse una meccanica ripetizione del passato. Secondo i modelli degli economisti contemporanei, gli operatori di mercato spinti dal tornaconto personale non avrebbero accettato prezzi di immobili e di altri asset a livelli chiaramente eccessivi nel periodo precedente la crisi. Di conseguenza, queste fluttuazioni sono state interpretate come un sintomo di irrazionalità degli operatori stessi.
Tale errata supposizione – cioè che le decisioni motivate dal tornaconto personale seguano regole meccaniche – ha suffragato la creazione di strumenti finanziari sintetici e ha legittimato, per ragioni apparentemente oggettive, la loro immissione sul mercato dei fondi pensione e in altre istituzioni finanziarie a livello mondiale. Inaspettatamente, le economie emergenti con mercati finanziari meno sviluppati sono sfuggite a molte delle conseguenze più eclatanti di tali innovazioni.
La fiducia degli economisti contemporanei nelle regole meccaniche per capire e influenzare i risultati economici si estende anche alla politica macroeconomica e spesso fa riferimento a un'autorità come John Maynard Keynes, che però non sarebbe stato d'accordo. Keynes aveva compreso sin da subito la fallacia dell'applicazione di tali regole. "Ci siamo infilati in un pasticcio colossale", , "avendo perso il controllo di una macchina delicata, di cui non conosciamo i meccanismi".
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