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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2013 alle ore 12:02.
Quando gli economisti Thomas Piketty ed Emmanuel Saez, che calcolano la concentrazione del reddito nella fascia alta in America basandosi sui dati dell'imposta sul reddito, aggiornano i loro dati, tutti quelli che considerano la disuguaglianza il problema principale rimangono in trepida attesa.
L'ultima edizione non ha deluso le aspettative: i dati di Piketty e Saez dimostrano – come ci si poteva aspettare, ma serviva una conferma – che i ricchissimi si sono ripresi ottimamente dalla Grande Recessione, nonostante le difficoltà economiche che continuano ad assillare buona parte degli americani. Anzi, la superélite, lo 0,01 per cento più ricco, nel 2012 ha guadagnato di più di quello che guadagnava nel momento di massima espansione della bolla.
I nuovi dati offrono anche l'opportunità di mettere in evidenza un fatto fondamentale, troppo spesso trascurato nel dibattito sulla disuguaglianza: non stiamo parlando dell'ascesa di una classe numericamente ampia di lavoratori ad alta qualifica, ma di una minuscola élite. La quota di reddito detenuta dal 10 per cento più ricco è salita a livelli record, ma se pensate che il 10 per cento più ricco sia un gruppo omogeneo siete completamente fuori strada.
All'interno di questo 10 per cento, la metà più «povera» non ha beneficiato quasi per nulla di questo arricchimento: anzi, la gran parte dei guadagni è finita nelle tasche dell'1 per cento più ricco; e il grosso dei guadagni dell'1 per cento più ricco è finito nelle tasche dello 0,1 per cento più ricco; e il grosso dei guadagni dello 0,1 per cento più ricco è finito nelle tasche dello 0,01 per cento più ricco.
Insomma, stiamo assistendo all'ascesa di un'élite microscopica.
Disuguaglianza tossica
Il New York Times recentemente ha pubblicato un affascinante ritratto di una società avvelenata da una disuguaglianza estrema. La società in questione in teoria è altamente meritocratica. In pratica, però, la ricchezza e i contatti ereditati dai genitori hanno un'importanza enorme: chi non nasce nello scaglione di reddito più alto parte – e ne è consapevole – con un grosso svantaggio. Sono evidenti, inoltre, alcuni dei costi collaterali della disuguaglianza, per esempio le «spese a cascata», quel fenomeno che spinge lo scaglione meno ricco a indebitarsi nel tentativo di reggere il confronto consumistico con lo scaglione più ricco.
Di quale società stiamo parlando? Degli alunni della Harvard Business School, dove gli studenti che non sono in grado di spendere a larghe maniche per gli eventi sociali di fatto sono una classe inferiore, e dove indebitarsi per mantenere le apparenze a quanto sembra è una prassi diffusa.
Non si tratta di versare lacrime sulla sorte degli studenti di ceto medio della Harvard Business School, che nella grande maggioranza dei casi hanno comunque prospettive migliori di quelle della gran parte degli americani.
Il problema è che quello che succede a Harvard è un microcosmo di quello che sta succedendo in America, e dimostra alla perfezione quanti danni possa provocare una disuguaglianza estrema.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
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