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Questo articolo è stato pubblicato il 07 ottobre 2013 alle ore 14:48.

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Gli eventi recenti sono, dunque, il segnale della fine della "convergenza"? Il mondo sta forse ritornando a un modello di crescita in cui il divario percentuale tra i livelli di reddito aggregato di "Nord" e "Sud" non accenna a diminuire? Oppure, le attuali allusioni a un "tramonto della convergenza" sono un mero riflesso della consueta reazione eccessiva dei mercati finanziari a qualunque notizia, sia buona che cattiva?

Il futuro, va da sé, è incerto. Io, però, continuo a pensare che la avanti, anche se non ai ritmi straordinari del periodo 2008-2012, in cui la crisi finanziaria globale e le difficoltà dell'eurozona causarono il forte rallentamento delle economie avanzate. Ciò che appare probabile è un ritorno al differenziale pre-crisi: tra il 1990 e il 2008 (escludendo la crisi finanziaria asiatica del 1997-1998), la crescita aggregata pro capite nei paesi emergenti era superiore a quella dei paesi avanzati di circa 2,5 punti percentuali. Nel periodo 2008-2012, tale differenziale ha superato i quattro punti percentuali, e ora sembra destinato a tornare di nuovo ai livelli precedenti.

La Cina continuerà a rappresentare un’ampia quota del differenziale. Anche se la sua crescita annua è scesa al 6%-7% dai livelli record del 9%-10% raggiunti prima del 2010, il suo peso economico è in aumento. Va anche detto che, nel complesso, i paesi dell'Asia emergente – come pure la Turchia, la Colombia, il Perù e il Cile – non hanno abbandonato la strada della convergenza, cui continuerà a fare da propulsore il recupero tecnologico, oltre agli shock di breve termine e ai problemi temporanei che la volatilità dei flussi di capitale può causare.

Ovviamente, i paesi "prudenti", cioè con deficit o surplus di parte corrente di piccole dimensioni, saranno più al riparo da shock temporanei. Le economie diversificate avranno anch'esse una performance migliore rispetto a quelle esportatrici di beni primari. Inoltre, i paesi che investono più del 25% del proprio reddito nazionale cresceranno a un ritmo più rapido di quelli – tra cui molti dell’America Latina – che risparmiano e investono poco. L'Asia è destinata a crescere più velocemente perché sta accumulando capitale fisico e umano a un ritmo più rapido, il che non solo aumenta la produzione, ma facilita anche il progresso tecnologico e un tipo di diversificazione che, secondo e Cesar Hidalgo, .

La convergenza non si è mai affermata in tutti i paesi emergenti e in via di sviluppo, ma ha già modificato – e continuerà a farlo – la natura e la struttura dell'economia mondiale, in particolare per quanto riguarda il tradizionale divario Nord-Sud. Alcuni trend di crescita aggregata hanno subito una scissione pur se i loro cicli interni sono correlati, e questo a causa della globalizzazione finanziaria e delle interdipendenze commerciali. Un forte rallentamento delle economie emergenti porterebbe a un netto rallentamento anche nelle economie avanzate e, di conseguenza, il differenziale di crescita resterebbe probabilmente stabile, almeno nei dati annuali.

Una crescita di lungo periodo è determinata dalla capacità di accumulare capacità tecnologiche e istituzionali e dalla qualità delle politiche nazionali. Nel corso degli ultimi vent'anni, molti paesi emergenti, tra cui alcuni dei più grandi, hanno ottenuto buoni risultati in tal senso. I loro sforzi continueranno a essere il presupposto della convergenza aggregata. Dal canto nostro, non dovremmo permettere che le numerose eccezioni o i temporanei turbamenti del mercato finanziario oscurino questa realtà di fondo.

Traduzione di Federica Frasca

Kemal Derviş, già ministro per gli affari economici della Turchia e amministratore del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo, è vice presidente della Brookings Institution.

Copyright: Project Syndicate, 2013.

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