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Finanza e Mercati In primo piano

La top ten delle banche più esposte in Ungheria

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2010 alle ore 15:00.

Ci sono anche le big italiane Unicredit e Intesa San Paolo, nella top ten delle dieci banche più esposte nel mercato ungherese. Ai due colossi del credito fanno capo più della metà dei 25 miliardi di euro che il nostro sistema creditizio ha investito nel paese.

La lista delle dieci banche, pubblicata in un recente report di Bnp Paribas, vede in testa l'ex colosso statale Otp. A dicembre 2009 gli asset totali della banca (di cui il Governo ungherese ha mantenuto la golden share dopo la privatizzazione del 1995) ammontano a 36,2 miliardi di euro. Al secondo posto c'è la Mkb (controllata dalla tedesca BayernLB) che ha un'esposizione per 11,5 miliardi di euro. L'ammontare degli asset in mano alla K&H (controllata dalla francese Kbc) invece è pari a 11,3 miliardi, seguita dalla Erste Bank che ha 10,7 miliardi di euro investiti.

Al quinto posto c'è la Cib (controllata dal 1997 da Banca Commerciale italiana, oggi Intesa Sanpaolo) che ha asset per un valore di 10,2 miliardi di euro. Ben posizionata nel mercato ungherese è anche l'austriaca Raiffeisen (8,8 miliardi di euro investiti). Per quanto riguarda la controllata ungherese di Unicredit, non è disponibile il totale degli asset investiti ma solo l'ammontare dei «risk weighted assets» (una contabilizzazione ponderata per il grado di rischiosità ndr). Il dato riportato dal report di Bnp Paribas parla di 4,2 miliardi di euro. Ci sono infine la Budapest Bank (controllata da General Electric), FHB mortgage bank e la divisione ungherese di Citibank.

A livello europeo l'esposizione totale è di 136 miliardi di euro di cui la fetta più consistente è in mano alle banche austriache (37 miliardi di euro). Al secondo posto c'è la Germania con 31,9 miliardi e l'Italia con 25. Seguono Belgio (17,2) Francia (11,1), Paesi Bassi (3,5), Regno Unito (2,1), Giappone (1,7) e Spagna (1,2). Dati da prendere con le pinze, fanno notare gli analisti di Bnp Paribas, perché, ad esempio «non specificano la quota di investimenti in titoli di stato».

Budapest è finita nell'occhio del ciclone dopo l'allarme sullo stato delle finanze pubbliche lanciato venerdì scorso dal Governo. Parlando di dati sui conti pubblci «manipolati dal precedente esecutivo», il portavoce del primo ministro Viktor Orban è arrivato ad «ipotizzare addirittura il rischio default». Parole che hanno scatenato l'ennesima turbolenza sui mercati, negli ultimi tempi piuttosto sensibili alle cattive notizie sul fronte «conti pubblici».

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E così nel weekend in molti si sono affrettati a gettare acqua sul fuoco. A partire dallo stesso esecutivo ungherese che ha recentemente dato il via libera a una manovra da 1,5 miliardi di euro. «I conti di Budapest sono ok» ha detto poi Dominique Strauss-Kahn direttore di quel Fondo monetario internazionale che nel novembre del 2008 fece un prestito all'Ungheria da più di 15 miliardi di dollari. Anche il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, è intervenuto per rassicurare che «non c'è alcun rischio per le banche italiane».

Gli analisti loro sono scettici sul rischio che Budapest possa fare la fine di Atene. Anche Ivan Zubo e Olivia Frieser, autori del citato report di Bnp Paribas, hanno diversi dubbi. «Gli allarmi - scrivono - sono sopravvalutati anche se - avvertono - data l'agitazione dei mercati, non bisogna prendere la faccenda sottogamba». Di certo non sembra volerlo fare l'Unione europea che vuole vederci chiaro su eventuali magheggi nei conti pubblci dei paesi dell'Est Europa. Lo dimostra la recente decisione di inviare una missione in Bulgaria, altro paese poco trasparente da questo punto di vista.

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