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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2010 alle ore 16:48.
Dopo gli stress test delle banche europee, sarà la fiacca crescita dell'eurozona a tenere in ansia gli investitori. In un'analisi sul Wall Street Journal, l'economista Irwin Steltzer sottolinea che le inquietudini dei mercati finanziari difficilmente saranno placate dai risultati degli stress test sulle 91 maggiori banche europee, anche perché c'è qualche dubbio sulla trasparenza dell'iniziativa.
Steltzer fa notare che, prima ancora che siano resi noti i risultati "tuttora segreti" degli stress test (attesi per venerdì 23 luglio), il direttore dell'Fmi Dominique Strauss-Kahn ha predetto che le banche europee sono "solide abbastanza da resistere agli shock che potrebbero provenire da uno stato in crisi". Altrettanto fiduciosi si sono mostrati, tra gli altri, i capi della Bce e di Bankitalia. A suo onore, osserva l'economista, Olli Rehn, commissario europeo per gli affari economici e monetari, ha riconosciuto che i test potrebbero rivelare "sacche di vulnerabilità".
Sulla situazione dell'eurozona, il premier cinese Wen Jiabao afferma che l'Europa supererà le sue difficoltà e in effetti "c'è qualche ragione di ottimismo", poiché i mercati sono più calmi di qualche mese fa. Ma le prospettive sono "difficilmente rassicuranti": secondo Steltzer, è difficile immaginare che nuovi shock non colpiranno un sistema finanziario già stressato. Tra i possibili shock, egli cita il default parziale della Grecia; altre cattive notizie sulla ripresa Usa; la ribellione degli elettori tedeschi, stufi di finanziare gli sperperi dei vicini europei; un conflitto in Medio Oriente, qualora Israele decidesse di danneggiare gli impianti nucleari iraniani.
"Shock del genere non sono la sola preoccupazione". Steltzer ricorda che le banche europee devono rinnovare 1.500 miliardi di dollari di debiti entro la fine del 2012 e che cercheranno il favore degli investitori in concorrenza con le banche Usa, che devono rifinanziare 1.300 miliardi di dollari, e con i governi sovrani, che devono raccogliere altri miliardi. Le banche in Spagna e altrove – nota l'economista - hanno dovuto affidarsi ai finanziamenti alla Banca centrale europea.