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Questo articolo è stato pubblicato il 04 settembre 2010 alle ore 16:50.
La coppia Gates-Buffett (100 miliardi di dollari di patrimonio in due) vola in Cina. Con un biglietto di sola ondata. L'obiettivo? Persuadere i tycoon locali a devolvere metà del patrimonio in beneficienza e carità. Così come hanno già fatto con 34 miliardari americani, fra cui il capitalista di ventura Paul Allen e il sindaco di New York Michael Bloomberg (sul sito givingpledge.org l'elenco completo), che già hanno aderito all'iniziativa lanciata a giugno dal fondatore di Microsoft e dal noto finanziere internazionale che mira a raccogliere dai portafogli degli uomini più ricchi del globo un totale di 600 miliardi di dollari.
Non si tratta di una cifra da poco, più del doppio del Pil della Grecia, circa la metà di quello dell'India. Ma la coppia d'oro Gates Buffett ci crede. Per questo motivo ha deciso di coinvolgere nell'iniziativa anche i super ricchi con gli occhi a mandorla organizzando per l'occasione una cena, in programma a Pechino nel prossimo mese.
Tra gli invitati Zhang Xin, presidente della società cinese specializzata nel real estate Soho China. E Wang Chuanfu, a capo della big elettronica cinese Byd. E poi ci sono gli altri paperoni che fanno parte della prestigiosa lista dell'Hurun Report, il magazine diretto da Rupert Hoogewerf, divenuto celebre proprio per la pubblicazione dell'elenco dei miliardari cinesi.
La sensazione, però, secondo indiscrezioni dei media locali, è che molti potrebbero disertare il prestigioso appuntamento. «La beneficienza in Cina è appannaggio degli enti governativi - spiega al Financial Times Rupert Hoogewerf». E più in generale c'è un generale scetticismo dei cinesi sul tema della carità. «C'è il sospetto - continua - che la maggior parte delle donazioni non avvenga per interessi realmente filantropici ma che sia legata a tentativi di acquistare maggiore influenza tra gli uomini d'affari».
Quindi, l'effetto a catena che sta avendo negli Stati Uniti "la pressione dei pari" esercitata da Gates e Buffett (il meccanismo vizioso basato sul fatto che quando un miliardario aderisce influenza anche il "collega paperone" a farlo) potrebbe trovare vita dura nella Repubblica popolare cinese, tradizionalmente atea e comunista. Binomio che non va a braccetto, come del resto Karl Marx ha predicato per anni, con la carità, considerata piuttosto una distorsione del funzionamento perfetto del modello economico comunista.