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Finanza e Mercati In primo piano

Per l'Irlanda rischio insolvenza a livelli record. L'Fmi (per ora) esclude un intervento

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 20:19.

Martedì Dublino andrà sul mercato dei bond con un'asta di titoli con scadenza a quattro e otto anni per verificare la fiducia degli investitori e il rischio default. Si tratta di un test molto importante per Dublino e sopratutto l'Eurozona visto che venerdì la Bce è intervenuta sul mercato dei bond irlandesi per stabilizzarne i rendimenti, cosa che ha avuto ripercussioni sui mercati finanziari. La situazione è critica poiché sull'Irlanda aleggia lo spettro del default sulla scia di rumors secondo cui la difficile situazione delle banche irlandesi potrebbe spingere il Governo ad intervenire ancora una volta per sostenerle ed evitarne il collasso finanziario.

Venerdì i credit default swaps (cds) sui titoli di Stato della ormai dimenticata 'Tigre Celtica' sono schizzati di 38 punti base toccando il massimo storico di 428,3 punti, secondo i dati di Cma DataVision, mentre il differenziale di rendimento, tra i titoli decennali irlandesi e il bund tedesco è salito a 387 punti, toccando il record dall'introduzione dell'euro nel 1999.

La febbre sale e di riflesso anche i titoli portoghesi e spagnoli (il tanto temuto rischio contagio che esplose con la crisi greca) hanno visto un rialzo dello spread contro il bund. Nel caso della Spagna la forbice si è allargata soprattutto dopo che l'agenzia intenazionale Fitch ha tagliato il rating sulla regione dell'Andalusia e della Catalogna per l'aggravarsi della situazione dell'indebitamento. Tuttavia, tra i periferici di Eurolandia, quella più sotto pressione al momento è l'Irlanda che nonostante abbia fatto i compiti a casa ha una situazione bancaria difficile. «Dublino è considerata l'anello debole di Eurolandia a causa del precario stato di salute del suo settore bancario», spiegano gli analisti.

A destare preoccupazioni, secondo quanto detto al Workshop Ambrosetti da Joaquim Almunia, commissario europeo all'antitrust, è in particolare l'Anglo Irish Bank, nazionalizzata a gennaio 2009 e per la quale il governo irlandese ha già speso 22,9 miliardi di euro. Un ulteriore intervento di sostegno, afferma l'agenzia di rating Standard e Poor's, potrebbe far lievitare i costi del salvataggio a 35 miliardi di euro, far esplodere il deficit pubblico già sotto pressione drenando ulteriore liquidità dalle casse del Tesoro irlandese, spiega un rapporto di Barclays Capital, forzando «il governo a chiedere aiuto» alla comunità internazionale, cioè al Fondo monetario internazionale. Un rapporto del Credit Suisseè più ottimista e ricorda i progressi macroeconomici di Dublino.

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Anche il ministro delle Finanze irlandese, Brian Lenihan, getta acqua sul fuoco cercando di rassicurare i mercati. Secondo Lenihan «è impensabile» che l'Irlanda finisca in default a causa della situazione del suo settore bancario, sottolinea che il paese non ha nessun problema a trovare capitali sui mercati internazionali e che l'aumento dei rendimenti dei titoli di stato «è normale» alla vigilia di un'asta, in programma il 21 settembre prossimo. Per il ministero delle Finanze, inoltre, sono prive di qualsiasi «fondamento» le indiscrezioni secondo cui Dublino potrebbe chiedere aiuti all'esterno per riparare le proprie finanze. E a dar man forte al governo irlandese interviene anche il Fondo monetario internazionale dichiarando, attraverso la portavoce Conny Lotze, che «le autorità irlandesi hanno adottato tutte le misure necessarie per far fronte alla crisi del settore bancario e che quindi l'Fmi non prevede che l'Irlanda abbia bisogno di un'assistenza finanziaria» dall'esterno. Assistenza, invece, che potrebbe essere estesa alla Grecia oltre i tre anni previsti, ha spiegato il Fondo, secondo quanto riporta il Wall Street Journal.

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