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Finanza e Mercati In primo piano

Il prezzo per salvare le banche irlandesi sfiora i 50 miliardi. Deficit pubblico al 32% del Pil

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Questo articolo è stato pubblicato il 30 settembre 2010 alle ore 10:01.

LONDRA. Tanto gigantesche da non poter fallire. L'Irlanda alza l'asticella e porta il dibattuto principio del "too big to fail" oltre i limiti dell'immaginazione spingendolo fino a generare un deficit pubblico che sfiora il 32% del prodotto interno lordo. Oppure, calcolando la massa dell'esposizione diversamente, tra 45 e 50 miliardi di euro: è questo l' assegno globale per salvare il sistema bancario di Dublino. E molto più di quello.

Sono numeri che escono dall'annuncio della Banca centrale irlandese, ribadito dal Tesoro, che fissa a quota 29,3 miliardi di euro il costo per sostenere l'esposizione di Anglo Irish Bank, una volta la terza banca del Paese esplosa con il dissolversi della bolla immobiliare che ha lasciato crediti, di fatto inesigibili, per cifre astronomiche. La notizia era stata anticipata dal Sole 24 Ore nelle scorse settimane.

Il risultato è che il deficit pubblico al 12% schizza a quota 32 se si calcola l'operazione sul bilancio della banca. Gli assett tossici che zavorrano Anglo irish sono passati dagli ipotizzati 22 miliardi di euro immaginati il mese scorso ai 29,3 annunciati ieri. E questo in uno scenario di tipo moderato: se dalla pancia dell'istituto di credito dovesse uscire il peggio del peggio – che gli analisti tendono a considerare improbabile – il conto di Dublino salirebbe a 34 miliardi di euro e il disavanzo crescerebbe in maniera conseguente.

Se a questi numeri si aggiungono, poi, i 5,4 miliardi che il governo ha dichiarato ieri di dover "girare" alle casse di Nationwide building society e alla nazionalizzata Allied irish bank in crescente sofferenza, il conto globale di Dublino, incluso quanto elargito nel recente passato, arriva a una cinquantina di miliardi di euro. Secondo calcoli della Bbc il prezzo del crack sul sistema bancario ha prodotto iniezioni di danaro pari a un terzo circa del pil del paese a fronte del 6% speso dal governo di Londra in Lloyds, Northern Rock, Royal Bank of Scotland. Il risultato ultimo è che nel 2012 il debito nazionale irlandese arriverà al 100 % del prodotti interno lordo.

Parliamo, naturalmente, di spesa lorda, perché come il ministro delle finanze Brian Lenihan ha sottolineato le partecipazioni pubbliche nel capitale delle banche nel tempo produrranno profitti. Nel tempo, però, essendo oggi esborsi netti e ancora molto incerti legati come sono a mutui immobiliari esposti alla schizofrenia di un mercato in caduta libera dopo i picchi del passato.

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Dublino si lecca le ferite di una giornata attesa, ma comunque da dimenticare, affidandosi all'ottimismo. Sono numeri orrendi «ma gestibili», ha detto il ministro Lenihan, perché sono spalmati lungo almeno un decennio, ma soprattutto perché Dublino, per ora, non deve ricorrere al mercato. Si è finanziata fino a metà 2011 e tanto spera che possa bastare per consentirle di cominciare a vedere segni di un rimbalzo economico che ancora stenta.


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