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Questo articolo è stato pubblicato il 15 ottobre 2010 alle ore 07:39.
La Federal Reserve compra titoli di stato Usa per tenere bassi i loro rendimenti. E dato che questo equivale a stampare moneta, l'effetto finale è di svalutare il dollaro. Di riflesso, le banche centrali degli altri paesi sono costrette a comprare dollari per cercare di contrastare l'eccessivo apprezzamento delle loro valute nei confronti del biglietto verde. E come lo fanno? Comprando anche loro titoli di stato Usa. Ecco qual è il vero campo di battaglia della "guerra delle valute": il gigantesco mercato dei titoli di stato Usa.
Per motivi opposti, tutte le banche centrali – tranne quella cinese – li stanno infatti rastrellando come bestie fameliche: la Fed ne ha acquistati 300 miliardi solo con il primo «quantitative easing» e ora prepara il bis, mentre le banche centrali estere ne hanno comprati 357 miliardi solo nei primi 7 mesi del 2010. Risultato finale: i rendimenti dei titoli di stato del paese più indebitato al mondo sono schiacciati sui minimi storici e sono destinati a scendere ancora. Un paradosso. O meglio: una vera e propria bolla. Alimentata non da aggressivi trader, ma dalle banche centrali. Da «Bubble-man»: nomignolo dato dai blog Usa al presidente della Fed Ben Bernanke.
Che gli investitori non americani (e si tratta principalmente delle banche centrali) stiano aumentando gli acquisti di T-Bond Usa lo si vede chiaramente dai dati del Tesoro americano. Tra il 2003 e giugno 2009 gli investitori esteri partecipavano ai collocamenti di titoli di stato decennali con una domanda mediamente pari al 27% del totale. Poi, da luglio 2009 fino all'asta di ottobre 2010, la domanda estera mediamente sale al 42,5% del totale. Con punte, a settembre, superiori al 50%. Tradotto in soldoni, da inizio anno gli investitori esteri hanno comprato in asta 684 miliardi di dollari di titoli di stato Usa a medio e lungo termine e 1.192 miliardi di titoli con durata inferiore a un anno. Depurando il dato dalle scadenze e dalle vendite, risulta che da gennaio a luglio (non esistono dati più recenti) i non-americani hanno aumentato i titoli di stato in portafoglio di 357 miliardi. Ma è sicuro che se si aggiornasse a ottobre, la cifra sarebbe ben più elevata.
Il motivo di questi acquisti, arrivati principalmente dalle banche centrali estere, è legato alla "guerra delle valute". Iniziano infatti ad aumentare nel luglio 2009: guarda caso il dollaro in quel periodo perdeva quota. Poi, da inizio 2010 quando il biglietto verde si rafforza, la domanda estera si calma. Per poi riprendere e toccare il record nei mesi più recenti. E non è un caso che il maggior acquirente sia la banca del Giappone, che da gennaio a luglio ha aumentato i titoli Usa in portafoglio del 7,3% a 821 miliardi per contrastare il super-yen. E non è un caso neppure il fatto che l'unico paese dove gli acquisti si sono fermati sia la Cina (che ha ridotto i T-Bond in portafoglio del 4,72%): Pechino sta infatti cercando lentamente di rivalutare lo yuan. «Le banche centrali estere sono davanti a un bivio: o comprano titoli Usa, oppure devono accettare un eccessivo apprezzamento delle loro valute con conseguenze negative sulle esportazioni», osserva Marco Annunziata, capo economista di UniCredit.