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Borse, bond e materie prime a "braccetto". Come sfruttare il sincrono degli asset

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2011 alle ore 08:38.

Borse "sincronizzate". Indici, bond governativi, materie prime che si muovono insieme. In una parola: asset finanziari tra di loro correlati. Un trend sottovalutato che negli ultimi anni, seppure con le debite pause, è cresciuto. Soprattutto, quando la crisi morde l'economia reale.

Scenario da fantafinanza? Secondo gli esperti di Hsbc, che hanno analizzato l'andamento di 50 prodotti finanziari dal 2005 ad oggi, sembrerebbe proprio di no: «è la realtà dei fatti». Una situazione provocata da un particolare fattore che, a loro dire, "domina" i mercati. «Il cosiddetto meccanismo del risk-on e risk-off», spiega Stacy Williams, uno dei coautori della ricerca. Vale a dire? «Si tratta della polarizzazione nelle scelte di trading. Gli investitori tendono a semplificare le loro strategie. Se stimano che le prospettive future», nel medio periodo, «sono buone assumono il rischio e investono: è il risk-on. Diversamente, disinvestono: il rischio è off. Giocoforza, in questa semplificazione, le caratteristiche singole dell'asset e la diversificazione di portafoglio, finiscono sullo sfondo».

Secondo Hsbc, proprio il fenomeno della correlazione sarebbe la prova della diffusione di una simile modalità d'investimento. Già la correlazione: ma l'andare a braccetto è realmente di moda? «Sì - risponde Williams -. Indubbiamente, dal 2005 a metà 2007, i diversi asset non si muovono insieme. Certo, c'è una correlazione tra il rendimento dei governativi decennali di Giappone, Canada, Usa, Inghilterra e Australia. Tuttavia, le variabili che influenzano le quotazioni sono molteplici». La situazione, però, cambia dopo il caso di Northen Rock: «In quel periodo si riscontra, per esempio, un forte incremento della correlazione positiva tra gli indici di Borsa e diverse commodity. Salgono le prime e anche le seconde». Lo scenario di fondo si consolida, poi, dopo il crack Lehman: «Diminuisce la differenza di performance tra le Borse occidentali e quelle emergenti. Nel 2009, infine, la polarizzazione delle strategie è ai massimi. Il sincrono tra i movimenti di asset differenti quali il rendimento del decennale Usa, quello canadese, il Russell 2000, l'S&P e il Ftse100 è elevato. Un trend che, nonostante la ripresa economica, prosegue ancora oggi».

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Se questa è l'analisi storica, quale l'utilità sul fronte della strategia? «In primis - sottolinea Williams-, chi vuole esporsi al meccanismo del Risk-on può optare per un paniere» che contenga l'S&P (31%), il Russell 2000 (15%) e il Ftse 100(54%): «è una combinazione caratterizzata da un'alta correlazione».

«Il legame tra diversi asset - aggiunge Maurizio Milano, responsabile analisi tecnica del gruppo Banca Sella - va monitorato. Un tempo, per esempio, possedere azioni e commodity significava avere un portafoglio diversificato. Oggi quest'impostazione non regge più: la liquidità influenza le quotazioni di molte materie prime, facendole andare a braccetto con le Borse». Di conseguenza? «Per capire cosa succede sull'azionario, è utile monitorare anche i livelli dell'indice Crb. Se dovesse scendere sotto quota 315, avremmo i primi segnali di debolezza da affrontare con una riduzione delle posizioni long.» L'eventuale rottura del livello di 293, invece, «dovrebbe indurre a una seria preoccupazione. Ma, allo stato attuale, c'è ancora spazio per il rally delle materie prime» e, di conseguenza, anche per l'equity. «Almeno per tutto il mese di gennaio».

Ma non è solo correlazione positiva, c'è anche quella negativa. Un esempio? Il rapporto tra il Vix, che misura la volatilità implicita di un paniere di opzioni strutturare sul S&P500, e l'indice stesso. «Più scende il Vix -dice Luca Ramponi, responsabile di Aureo gestioni sgr - e più, di norma, sale l'S&P500. La volatilità in aumento, al contrario, è sinonimo di debolezza». In questo periodo il Vix viaggia attorno a quota 17: c'è da preoccuparsi? «È un valore nella media storica, non indica pericolo. Se dovesse rimbalzare», allora bisogna fare attenzione. Potrebbe presagire una possibile correzione da gestire con la giusta strategia.

Strategia, al contrario, non consigliata nel momento in cui viene meno un'altra correlazione: quella tra il Ftse, il Cac 40, il Dax e i future sul S&P500. È stato dimostrato che, tra le 13 e le 13.30, gli indici europei non vanno più a braccetto con il derivato. «Una finestra temporale intraday - spiega Milano - utile agli arbitraggi dei market maker. Che il retail, invece, farebbe meglio a evitare, o a gestire con cura, per scampare improvvise minusvalenze».

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