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Finanza e Mercati In primo piano

Debiti responsabili e crescita sostenibile: da oggi a Davos i big mondiali di economia, politica e finanza

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2011 alle ore 08:01.

Stati Uniti e Gran Bretagna hanno un debito troppo elevato, che rappresenta «un pericolo potenziale in termini di sostenibilità e di contagio nel mondo». Altri paesi – come Argentina, India e Russia – hanno invece un sistema economico bisognoso di credito, ma hanno un mercato finanziario ancora poco sviluppato per erogarlo. Morale: il problema attuale non è l'eccesso di debito complessivo a livello mondiale, ma il fatto che è concentrato tutto in poche aree geografiche.

Nel prossimo decennio, dunque, i crediti potranno aumentare in modo sostenibile a livello globale, passando dagli attuali 109mila miliardi di dollari a un massimo di 213mila miliardi, a patto che si sviluppino in nuove aree geografiche. Quelle tenute fino ad oggi ai margini.
Se serviva il sigillo definitivo, eccolo servito. Il World economic forum che inizia oggi nella città svizzera di Davos – dove come di consueto si riuniranno i protagonisti mondiali dell'economia, della politica e della finanza – si apre con uno studio che certifica nero su bianco che il mondo è diviso in due: da un lato Stati Uniti, Gran Bretagna, Irlanda, Spagna e Grecia che hanno abusato del credito per un decennio, dall'altro i paesi emergenti che sono rimasti a secco. Lo studio – realizzato da McKinsey e World economic forum – afferma che una crescita «sostenibile e responsabile» del credito è ancora possibile nel prossimo decennio. Anzi: «È essenziale se si vuole favorire lo sviluppo economico». Ma per raggiungere questo obiettivo i leader del mondo «devono intraprendere decise azioni». Il Sole 24 Ore è in grado di anticipare lo studio. Ai grandi del mondo il compito di farne tesoro.

Debito o non debito?

Il documento parte da un dato di fatto: dal 2000 al 2009 il credito complessivo erogato a livello mondiale è passato da 57mila miliardi di dollari a 109mila miliardi. Una crescita del 7,5% annuo. Nello stesso arco di tempo, il Pil mondiale si è sviluppato più lentamente di quasi due punti percentuali l'anno: questo – sentenzia McKinsey – «non rappresenta di per sé una crescita insostenibile della leva finanziaria». Quello che rischia di essere insostenibile, però, è la impari distribuzione geografica di questo debito: se in alcuni paesi (per esempio Irlanda, Spagna e Grecia) c'è «un chiaro allarme di eccesso di credito», in altri ce n'è troppo poco. Un dato, più di tutti, lo dimostra: nei paesi emergenti, il 90% delle piccole aziende ha uno scarso accesso ai finanziamenti.

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Ecco perché lo studio afferma che nel prossimo decennio c'è spazio per una nuova espansione – sostenibile e responsabile – del credito: nel 2020, ipotizzando tre diversi scenari, il livello di credito mondiale potrà raggiungere i 196mila miliardi (ipotesi più conservativa), i 220mila miliardi (ipotesi media) o addirittura i 213mila miliardi (ipotesi ottimistica). Insomma: partendo dai 109mila miliardi del 2009, si tratta di un raddoppio. Ma questa espansione dovrà partire dagli stati che, fino ad oggi, hanno avuto poco: l'Argentina è la prima della lista, con la maggiore domanda di credito privato da qui al 2020. Poi c'è l'India, la Russia, il Messico, il Brasile, la Cina, la Polonia, il Sud Africa, la Malesia e la Thailandia.

Mondo diviso in due

Il problema è che i paesi emergenti hanno un sistema finanziario ancora inadeguato. Si pensi che, a livello mondiale, ancora 2,5 milioni di adulti non hanno neppure un conto corrente. «La sfida più significativa – scrive dunque McKinsey – sarà di integrare queste persone nel sistema bancario». Purtroppo le lacune, nei paesi emergenti, riguardano anche le imprese. McKinsey sostiene che il credito, da qui al 2020, sarà in parte erogato dal mercato dei capitali (attraverso obbligazioni): il problema è che i paesi che più avranno bisogno di credito hanno un mercato finanziario ancora troppo arretrato. D'altro canto le banche faticheranno ad erogare gli importi che verranno loro richiesti (27,7mila miliardi solo in Asia, di cui 18,7 nella sola Cina): per sopportare questo sforzo – sentenzia McKinsey – le banche dovranno ricapitalizzarsi di circa 9mila-9.500 miliardi di dollari.

Mission impossible? Se alcuni paesi hanno i denti ma non il pane, altri di pane ne hanno fin troppo. E rischiano di contagiare, con la loro indigestione, il resto del mondo. È il caso degli Stati Uniti: con un debito privato pari a 11mila miliardi di dollari (circa 50mila per persona) e con un sistema finanziario interconnesso con quello del mondo intero, gli Usa rappresentano «un potenziale elemento di contagio». Il debito è più insostenibile in Giappone, ma dato che quella nipponica è un'economia più isolata, il rischio di contagio è limitato. La morale dello studio è una sola: si può ancora crescere con la benzina del credito, purché sia erogato con raziocinio. «Questo richiederà scelte difficili ai leader mondiali – si legge in conclusione dello studio –: un impegno comune verso la trasparenza, verso le analisi basate sui fatti, verso la collaborazione e l'innovazione aiuterà ad assicurare che la crescita del credito supporti l'espansione economica».

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