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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2011 alle ore 16:20.
«L'euro non è in crisi, questo é assolutamente chiaro». Lo ha dichiarato il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, intervenendo a un dibattito al World Economic Forum in corso a Davos, Svizzera . «C'è un problema su alcuni stati firmatari, ma non sull'intera zona euro», ha sottolineato il banchiere centrale ricordando che la Bce ha sempre garantito la stabilità dei prezzi come prevede la sua missione.
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ATrichet ha fatto eco, sempre da Davos, un determinato Nicolas Sarkozy che ha assicurato: «Angela Merkel e io non lasceremo mai crollare l'euro». Il presidente francese ha lanciato anche una stoccata contro i grandi titoli dei giornali che, nelle scorse settimane, preannunciavano una prossima scomparsa dell'euro: «Gli articoli sono passati, l'euro è rimasto».
Perchè l'euro è importante
«La questione dell'euro non è una questione semplicemente monetaria o economica, é una questione di identità» - ha aggiunto Sarkozy, sottolineando che «l'euro vuol dire Europa. E l'Europa vuol dire 60 anni di pace. Quindi non lasceremo mai che questo venga abbandonato o distrutto». Il presidente francese ha poi lanciato un duro avvertimento agli speculatori: «Dico a quelli tra voi che vogliono scommettere contro l'euro, di stare attenti a come investite. Noi siamo determinati ad assicurare la forza dell'euro». La moneta unica «é così importante che saremo lì a difenderlo ogni volta che sarà necessario».
Tre grandi rischi nel 2011
Sarkozy ha poi ricordato i tre «grandi rischi» per l'economia mondiale nel 2011: debito sovrano; squilibri monetari e finanziari; volatilità estrema delle materie prime. Sulle materie prime, in particolare, ha attribuito l'aumento dei prezzi alla mancanza di regole. «Un mercato con troppe regole non è un mercato. Ma anche l'assenza di regole non permette un libero mercato». In qualità di presidente del G20, Sarkozy si è chiesto «perchè sia accettabile regolamentare i mercati finanziari e non quelli delle materie prime». Riferendosi anche alle rivolte in Nord Africa legate all'aumento dei prezzi alimentari. «Chi può credere - si è chiesto - che le rivolte della fame portino stabilità?».