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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2011 alle ore 07:40.
Il 2010 non si è chiuso bene per le attività italiane di UniCredit. Il business nazionale del gruppo guidato dall'ad Federico Ghizzoni ha registrato a fine anno una perdita netta di 50 milioni. Il risultato è frutto di ricavi per 9,78 miliardi (margine da interessi per 5,92 e margine da servizi per 3,86) e costi operativi a quota 5,65 miliardi, che portano a un risultato di gestione di 4,12. A valle le rettifiche su crediti per 3,6 miliardi decurtano l'utile lordo a 387 milioni. Al netto delle altre voci, il risultato netto passa, anche se di poco, in negativo. Così il RoE di UniCredit a fine 2010 è rimasto sotto la media dei principali concorrenti europei, che era all'8,4 per cento.
Le cifre, che rappresentano solo le attività italiane, sinora erano confinate alle ovattate stanze della direzione generale di Piazza Cordusio. Poi sono state oggetto di una presentazione riservatissima che nei giorni scorsi il direttore generale Roberto Nicastro, il country chairman per l'Italia, Gabriele Piccini, insieme ai responsabili del Private banking, Dario Prunotto, del corporate and investment banking, Piergiorgio Peluso, delle attività per la clientela retail (famiglie e piccole e medie imprese), Frederik Geertman, e delle risorse umane di gruppo, Paolo Cornetta, hanno tenuto alle seconde linee. Nell'incontro, secondo i partecipanti, sono stati illustrati i risultati, gli obiettivi previsti per il 2011 e gli strumenti per raggiungerli. Nicastro ha presentato poi i due manager che entrano nella squadra italiana con funzioni e responsabilità di primo piano: sono Giovanni Albanese, chief risk officer nazionale, e Gianluca Totaro, responsabile risorse umane Italia.
I target italiani, secondo informazioni raccolte da fonti interne, sono assai rilevanti. Il primo, quello sui ricavi, è fissato a fine anno oltre quota 10,12 miliardi, con un risultato di gestione a 4,59, un utile lordo a 1,35 circa e uno netto di 594 milioni. Il management intende incrementare in 12 mesi di oltre 200 milioni sia il margine da interessi che quello da servizi, mantenendo stabili i costi operativi. Ma Nicastro e i suoi più stretti collaboratori puntano soprattutto su una riduzione secca di 500 milioni del costo del rischio. Ecco perché il ruolo di Albanese è ritenuto fondamentale. Le altre leve manageriali puntano sulla ripartenza degli impieghi "buoni" a famiglie e imprese, l'aumento del rapporto tra ricavi e risk weighted asset anche con il cross selling tra diverse fasce di clientela, la riduzione dei costi di funding e il focus sulla clientela.