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Questo articolo è stato pubblicato il 11 aprile 2011 alle ore 09:15.
Ben preparati sulle azioni italiane e sulle obbligazioni. Privi di competenze sul fronte commodity, valute e azioni estere (ma comunque desiderosi di imparare). È questo il livello medio di cultura finanziaria dell'italiano medio che ricorre al trading online, come emerge dall'ultima indagine It Forum 2010. Il 43% degli interessati ritiene infatti di avere un livello di conoscenze medio sui titoli italiani, mentre il 32% reputa le proprie competenze alte, e il 13% addirittura "eccellenti".
Subito a seguire nella classifica delle asset class più note vi sono le obbligazioni, dove però il livello di eccellenza scende all'11% e la carenza di informazioni riguarda il 33% degli operatori. Solo il 5-6% degli italiani ritiene di avere un'esperienza eccellente sul fronte delle valute e delle commodity, mentre il 45-55% rispettivamente ha competenze scarse. «Il 62% dei clienti delle piattaforme di trading online effettua eseguiti trimestrali in azioni italiane, coerentemente con il livello di cultura dichiarato», osserva Alessandro Capuano, amministratore delegato di Ig Markets Italia. «È anche vero, però, che proprio le valute rappresentano la seconda asset class più scambiata in Italia, con il 38% di clienti che effettua operazioni su questo mercato».
Più di un cliente su tre, in altre parole, investe in strumenti finanziari rispetto ai quali ha un livello di conoscenze medio-basso. «L'Italia è ancora un passo indietro rispetto agli altri Paesi europei sul fronte della cultura finanziaria. Non manca però la richiesta di formazione: il 40% degli italiani vorrebbe conoscere meglio le commodity, il 37% i derivati e le valute, il 28% gli Etf. E il 29% vorrebbe approfondire ulteriormente la propria conoscenza di azioni estere ed italiane», osserva ancora Capuano.
Il dato che emerge dall'It Forum è confermato dai volumi della stessa Ig Markets, che nel dicembre 2010 ha registrato un 19% di eseguiti sul funding (in aumento dal 6% del gennaio dello stesso anno), il 19% sul Forex (in calo dal 28%), e il 61% su indici e azioni (cioè sostanzialmente stabile dal 64% dell'inizio del 2010).
Il tema della cultura finanziaria è fondamentale anche per via dello scenario attuale del trading online in Italia. Secondo Gian Paolo Bazzani, amministratore delegato di Saxo Bank, «il mercato sta entrando in una nuova fase. Se prima era nell'infanzia, adesso si può dire che sia nell'adolescenza. Da un lato c'è l'offerta dei grandi operatori tradizionali con le loro piattaforme; dall'altro lato, c'è invece un proliferare di piccoli e medi operatori esteri che si specializzano spesso su prodotti un po' più sofisticati come le valute, il Forex, i Cfd. Per questi ultimi l'espansione in Italia è relativamente poco costosa, perché è molto più semplice tradurre un sito web in italiano piuttosto che aprire una vera rete di sportelli fisici».
Questa tendenza non è priva di controindicazioni per i clienti italiani: «Alcuni piccoli operatori – commenta Bazzani – offrono soglie di accesso minimali e hanno uno stile di comunicazione con il cliente che promuove l'idea di un guadagno facile per tutti. Ma questo è un nonsense pericoloso che fa leva sulla scarsa cultura finanziaria media del mercato italiano». Proprio per questa ragione è tanto più importante curare l'istruzione degli investitori retail del trading online.
Per quanto riguarda invece le macrotendenze di investimento, Bazzani afferma: «La crescita costante dei volumi del trading online, che per Saxo Bank sono aumentati del 37% nel corso del 2010, mostra come i clienti siano probabilmente sempre più delusi dagli approcci delle banche tradizionali che sono spesso monoprodotto e promuovono quasi esclusivamente le proprie soluzioni. Il cliente quindi decide di cercare una vera consulenza o piuttosto punta a fare da solo. In tal caso si avvicina dapprima agli asset class che conosce, come l'azionario Italia, per poi passare ai mercati meno noti partendo però da quelli percepiti come meno rischiosi». Tutti questi fattori spiegano ad esempio il successo degli Etf: «Prodotti semplici, trasparenti, il cui valore aggiunto sta proprio nella possibilità per l'investitore di scegliere i singoli "mattoni" con cui costruire la propria asset allocation», conclude Bazzani.
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