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Questo articolo è stato pubblicato il 16 maggio 2011 alle ore 12:04.

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Ubi banca (Fotogramma)Ubi banca (Fotogramma)

La qualità conta («Quality matters»): è il filo conduttore del nuovo piano industriale di Ubi Banca, quarto gruppo bancario italiano, che punta a un utile netto di 700 milioni nel 20013 e di 1,1 miliardi nel 2015. Il punto di partenza, illustrato ieri alla comunità finanziaria dall'ad Victor Massiah, sono i conti del primo trimestre del 2011 che, malgrado la giornata negativa dei bancari in Borsa (Ubi: -1,82%), evidenziano i primi segnali di turnaround del gruppo.

L'utile netto è risultato in crescita del 69,5% a 64,6 milioni, come saldo di proventi operativi in crescita (+1,2% a 862,5 milioni) e costi operativi in calo (-3,5% a 595,5 milioni). A migliorare la bottom line, è anche l'ulteriore riduzione del costo del credito (in calo da 54 a 41 punti base). Il dato che, almeno inizialmente (in avvio di seduta il titolo perdeva il 5%) sembra aver colpito negativamente gli analisti, è il lieve calo del margine d'interesse (-1,1% a 533,3 milioni) contro attese di crescita data la ripresa dei tassi.

A leggere bene i dati della trimestrale, però, risulta che il margine d'interesse risente della voluta riduzione dei volumi di credito al consumo (con l'uscita della controllata Banca 24/7 dai business a maggior rischiosità) a tutto vantaggio della qualità complessiva degli impieghi.

Le future linee di sviluppo e di crescita della banca passano proprio da queste due direttrici (meno volumi di credito a rischio in cambio di più qualità del credito), cui si aggiungono i quattro pilatri codificati nel piano industriale, che si abbina al previsto aumento di capitale da un miliardo: più solidità patrimoniale, migliore equilibrio strutturale nel funding con impieghi dipendenti dalle dinamiche della raccolta, soluzioni più veloci nei processi di servizio ai clienti, salto qualitativo nella riqualificazione del personale.

L'aumento di capitale «se riusciamo, pensiamo di riuscire probabilmente anche a chiuderlo entro giugno», ha commentato il presidente del consiglio di gestione di Ubi Emio Zanetti, «La previsione di massima è comunque di chiudere l'operazione entro l'estate 2011» Post-aumento e grazie al piano, Ubi Banca avrà un common equity ratio dell'8,2% al 2013 e dell'8,9% al 2015. A seguito della doppia manovra, il payout sarà superiore al 50% dell'utile di esercizio e i dividendi cumulati nell'arco del piano saranno superiori all'ammontare dell'aumento di capitale. «È sicuramente molto conservativo dire che superiamo il miliardo di cedole, – ha commentato Massiah – se i dati del piano saranno corretti e la solidità patrimoniale verrà mantenuta, non è da escludere che possiamo essere ancora più aggressivi sulla politica dei dividendi».

I driver della crescita di Ubi Banca, storicamente lontana dalla finanza, saranno però concentrati sull'evoluzione dell'attività commerciale. I dati del primo trimestre 2011 forse sottostimano il rilancio dell'attività creditizia tradizionale che, soprattutto nelle aree del Nord dove in gruppo ha l'insediamento principale, mostrano segnali di ripresa congiunturale (visibile solo in parte dal margine d'interesse, per la "pulizia" del portafoglio del credito al consumo). Il dato che più rileva, anche per le prospettive future, è il miglioramento degli accantonamenti e rettifiche su crediti, che calano da 131,5 a 105,3 milioni trimestre. E che rappresentano il dato più basso degli ultimi cinque trimestri.

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