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Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2012 alle ore 08:16.

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Il motivo: la Sace (agenzia assicurativa sull'estero del Governo Italiano) continua a mettere l'Iraq nella massima categoria di rischio. Insomma: è il solito ping pong. E così le imprese sono costrette a rivolgersi altrove. "Noi, alla fine, abbiamo dovuto rivolgerci a una banca tedesca che non ha avuto difficoltà a confermare le lettere di credito di una banca irachena peraltro molto efficiente, la Kurdistan International Bank", rileva Rita Petrilli, amministratrice di un'impresa di costruzione fiorentina, la Tognozzi, che ha appena terminato due cliniche a Sulaimaniyah, e sta ultimando la terza. Problemi di pagamento? "Nessuno: il committente iracheno ci hanno dato il 20% di anticipo sui lavori e ci ha anticipato anche le forniture importate. E i successivi pagamenti, a presentazione dello stato avanzamento, avvenivano in 15 giorni".

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