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Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2012 alle ore 13:53.

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CAMERLONA (Ravenna). Blasco, Albachiara, Colombo, Tiepolo, Levante, Bora, Athlon. Nomi che sembrano non avere un nesso, se non fosse che così sono stati battezzati alcuni tipi di grano. Ecco un viaggio nei campi prova delle colture cerealicole - in Italia ci sono circa 300 centri di ricerca - per verificare sul campo le differenze tra campi trattati e non trattati con sostanze chimiche, per parlare della sicurezza degli alimenti che arrivano sulla nostra tavola e degli studi che sono alla base di un nuovo tipo di grano che poi troveremo nel piatto sotto forma di pane, di pasta, di dolci o di biscotti.

Disciplinari di produzione integrata e biologica
A Camerlona (Ravenna), nei campi prova della cooperativa Terremerse, ci sono campi con spighe di grano di tutti i tipi. Nella visita, accompagnati da Marco Rosso, direttore generale di Agrofarma e Assofertilizzanti, Valerio Bucci, responsabile coordinamento tecnico di Terremerse e Giovanni Candolo , che si occupa di ricerca e sviluppo di Terremerse, vengono illustrate le nuove tecniche di concimazione e di difesa contro le malattie fungine, spiegate le prove sperimentali di confronto fra varietà di grano duro e tenero. Qui sono promosse produzioni che minimizzino l'impatto ambientale attraverso un minor impiego di agrofarmaci grazie ai disciplinari di produzione integrata, ma anche con un miglior impiego delle risorse idriche e l'utilizzo di energie da fonti rinnovabili.

Si investono 47 milioni di euro l'anno in ricerca e sviluppo
«A differenza di altri settori – spiega Rosso – l'introduzione di tecnologie avanzate e rispettose dell'ambiente ha consentito di ridurre le dosi d'impiego degli agrofarmaci, tanto che è uno dei pochi settori nei quali si registra un calo nel consumo nazionale». Dal 1990 al 2010 si è registrato un calo da 141.200 a 95.830 tonnellate. Diminuisce soprattutto l'uso di insetticidi (- 445) e fungicidi (- 37%) per i quali sono state introdotte molecole innovative a bassi dosaggi d'impiego. Un risultato reso possibile dagli investimenti del settore in ricerca e sviluppo, pari al 6% dell'intero fatturato, quindi 47 milioni su circa 807 milioni di euro di fatturato 2010.

Un contributo nella lotta alla fame nel mondo
Gli agrofarmaci, spiegano nel corso della passeggiata sui campi, consentono di ottenere raccolti più abbondanti a minor costo e sono considerati un contributo essenziale nella lotta alla fame del mondo. Tanto da far dire all'ex direttore della Fao, Jacques Diouf che «non si può fare a meno di imput chimici per poter raggiungere la sicurezza dal punto di vista alimentare dell'intero pianeta». Considerando il costante aumento della popolazione mondiale che raggiungerà gli 8 miliardi di persone nel 2020 e i 9 miliardi nel 2050 si potrà fare fronte alle conseguenti necessità di cereali per popolazioni poverissime come quelle dell'Africa sub-sahariana e per le economie emergenti come India, Cina e Brasile che nei prossimi dieci anni daranno un colpo d'acceleratore alla produzione agricola.

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