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Questo articolo è stato pubblicato il 15 luglio 2012 alle ore 17:51.

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Tante chiacchiere e tanti tecnici. Ma i terreni demaniali inutilizzati sono rimasti allo Stato. Già da 15 giorni, infatti, sono scaduti i termini per l'emanazione del decreto con l'elenco dei terreni demaniali da dismettere. Terra ai giovani, era stata la parola d'ordine dell'ultima manovra del vecchio Governo, confermata dal decreto liberalizzazioni dell'Esecutivo Monti.

La difficoltà di accesso al bene terra (oltre che al credito) rappresenta infatti uno dei maggiori ostacoli al turn over delle aziende agricole italiane. Acquistare ai prezzi di mercato è impossibile e anche l'affitto, soprattutto in alcune zone, complice la concorrenza delle aree destinate al fotovoltaico, è proibitivo. La Coldiretti aveva calcolato che «liberando» oltre 380mila ettari di proprietà di Stato, comuni e regioni sarebbe stato possibile creare più di 40mila nuove imprese guidate dagli under 40. Il ministro Catania è riuscito poi a limare il provvedimento eliminando tutte le possibilità di agevolare i furbi.

Entro il 30 giugno doveva essere pronto il decreto attuativo con l'elenco dei terreni da dismettere. Un intervento che avrebbe avuto un impatto positivo non solo per gli agricoltori, soprattutto under 40, ai quali è stata riservata una corsia preferenziale, ma anche per le casse statali. Invece il provvedimento è congelato. Dal monitoraggio con il Demanio sarebbe emerso che in realtà di terreni statali ce ne sono davvero pochi. E poi ancora non è stato chiarito chi deve gestire l'operazione.

La denuncia dell'ennesima occasione perduta viene dalla Coldiretti: «Mentre si fanno i conti per recuperare risorse, manca ancora l'applicazione del provvedimento, approvato nell'ambito della legge di stabilità lo scorso novembre 2011 (e successivamente modificato da Governo e Parlamento), che può produrre entrate allo Stato, occupazione e reddito alle imprese - sottolinea la Coldiretti -. Ci auguriamo che questa legge non si aggiunga alla lunga lista delle norme inapplicate per l'importanza che riveste per garantire nuove risorse e per sostenere la competitività delle imprese agricole, soprattutto guidate dai giovani ai quali spetta il diritto di prelazione».

La cessione di questi terreni, prosegue la Coldiretti, «toglierebbe allo Stato il compito improprio di coltivare la terra, renderebbe disponibili risorse per lo sviluppo ma soprattutto avrebbe il vantaggio di calmierare il prezzo dei terreni, stimolare la crescita, l'occupazione e la redditività delle imprese agricole che rappresentano una leva competitiva determinante» per la crescita del Paese.

«È certo infatti che nessuno meglio degli imprenditori agricoli è in grado di valorizzare lavorando la terra e generare nuova occupazione. Dal ritorno delle terre pubbliche agli agricoltori possono nascere nuove imprese o, in alternativa, essere ampliate quelle esistenti come testimonia il fatto che la disponibilità di terra è il principale vincolo alla nascita di nuove imprese agricole e che - conclude la Coldiretti - il 50 per cento delle imprese agricole già esistenti condotte da giovani chiede la disponibilità di terra in affitto o acquisizione, secondo una indagine Coldiretti/Swg».

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