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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2012 alle ore 18:05.

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Al ministro Passera «non sarà sfuggito che il Governo brasiliano è particolarmente attento alle problematiche dell'industria auto. Sono sicuro che il ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali». Lo scrive l'ad Sergio Marchionne.

Marchionne risponde in un comunicato alle dichiarazioni rilasciate dal ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera in Brasile, dove ha incontrato i vertici locali del Lingotto. «Sono felice - afferma l'amministratore delegato della casa torinese - che il ministro Passera, andando in Brasile, si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in quel Paese».

«Certamente - continua - non gli sarà sfuggito che il Governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche dell'industria automobilistica. Sono sicuro che il ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali. In particolare per lo stabilimento nello stato di Pernambuco, in corso di costruzione, la Fiat riceverà finanziamenti sino all'85 per cento su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro. A questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni.

Per quanto riguarda la Fiat - conclude Marchionne - l'ultima operazione del genere in Italia si è verificata all'inizio degli anni novanta per lo stabilimento di Melfi. Sappiamo bene che, considerando l'attuale quadro normativo europeo, simili condizioni di finanziamento non siano ottenibili nell'ambito dell'Unione Europea".

Il vertice a Palazzo Chigi sabato
L'attesa per il vertice di Palazzo Chigi sale ma, a meno di eclatanti sorprese, domani Sergio Marchionne ripeterà al Governo quanto detto negli ultimi giorni: la Fiat resterà in Italia. Al presidente del Consiglio e ai ministri dello Sviluppo economico e del Lavoro, l'amministratore delegato del Lingotto ribadirà la sua linea.
L'azienda continuerà a operare in Italia grazie ai profitti realizzati all'estero, a quelli in particolare ottenuti in America della Chrysler. Ma per il mercato dell'auto europeo, i numeri sono tutt'altro che incoraggianti, il crollo delle vendite è a due cifre e tutte le case automobilistiche annaspano. Il Lingotto non è risparmiato dall'attuale congiuntura.

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L'appuntamento è per domani alle ore 16. Sul tavolo ci saranno anche altri temi da affrontare: dall'organico alla funzionalità degli stabilimenti italiani, anche alla luce della situazione del mercato che nell'intervista a 'Repubblica' di alcuni giorni fa Marchionne aveva paragonato a quella degli Anni '60. «Non ho parlato di esuberi, non ho proposto chiusure di stabilimenti, non ho mai detto che voglio andare via. Ci vuole una responsabilità molto elevata per fare queste scelte oggi», aveva sottolineato nel colloquio con il quotidiano. Messo in naftalina il piano Fabbrica Italia, il Governo e i sindacati (che saranno convocati da Palazzo Chigi entro la prossima settimana) si aspettano ora risposte sugli investimenti che Fiat intende realizzare nel Paese.

L'esito dell'incontro è atteso con una certa trepidazione da politici, imprenditori e sindacalisti. Oggi sull'argomento è intervenuta anche la seconda carica dello Stato. «Mi auguro che la Fiat mantenga, pur nel rispetto delle logiche di profitto e d'impresa, la sua italianità», ha detto il presidente del Senato, Renato Schifani.

«Gli italiani hanno dato tanto alla Fiat e la Fiat ha dato tanto all'Italia: credo che questo matrimonio non si possa sciogliere», ha aggiunto. Il ministro del lavoro Elsa Fornero, ha invitato all'ottimismo («Aspettiamo domani. Bisogna essere fiduciosi, un ministro deve essere fiducioso per dovere», ha affermato), mentre il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha sottolineato che «un grande Paese come l'Italia non può non avere una grande azienda automobilistica».

Dal fronte sindacale, dopo le tante dichiarazioni dei giorni scorsi di segretari generali e confederali, si é fatta sentire la leader della Cgil, Susanna Camusso. «Il crollo del marchio Fiat sui mercati europei è determinato dalla scelta di non avere nuovi modelli» ha affermato invitando tutti «a interrogarsi» su questa scelta. Il governo, ha concluso, «chieda alla Fiat la verità».

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