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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2012 alle ore 14:00.

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Stop alle vigne libere in EuropaStop alle vigne libere in Europa

La liberalizzazione dei vigneti europei non si farà. Nella riunione che si è tenuta ieri a Palermo, il gruppo di esperti istituito dalla Commissione europea per analizzare l'impatto del dossier ha proposto la definizione di un nuovo sistema di gestione dei diritti di impianto in Europa alternativo quindi alle "vigne libere".

La deregulation dei diritti di impianto (le licenze produttive che occorre detenere insieme alla titolarità del vigneto per produrre vino) era prevista dalla riforma Ue del vino del 2008 e sarebbe dovuta scattare nel 2015. Ma già nei mesi scorsi era stata contestata da un ampio fronte di produttori europei guidato da Italia, Francia, Spagna e che presto si è esteso anche a diversi paesi dell'Est.
I viticoltori temono che la libertà d'impianto possa innescare un'esplosione dei vigneti in Europa. Si stima infatti che potrebbero raddoppiare le superfici in aree come il Chianti in Italia, la Côtes du Rhône in Francia, Rioja in Spagna. Il conseguente boom produttivo porterebbe a un crollo delle quotazioni vanificando gli sforzi compiuti in questi ultimi anni per migliorare la qualità dei vini e spuntare sui mercati prezzi più remunerativi.

Critiche che hanno costretto Bruxelles a riesaminare la decisione e le conclusioni degli esperti equivalgono a un sostanziale dietrofront.
Due le ipotesi in campo. La prima proposta "firmata" dalla Commissione Ue e illustrata dal responsabile della Dg Agri, José Silva Rodriguez, prevede un sistema più flessibile ed efficace dell'attuale per la supervisione degli impianti a vigneto in Europa. Uno strumento diversificato però per le diverse categorie di vino (Dop, Igp o vini da tavola) e affidato alle organizzazioni interprofessionali attive nei vari paesi membri. La seconda proposta, avanzata da 11 paesi produttori (tra cui l'Italia) punta a un sistema di gestione dei diritti unico e non differenziato tra le diverse categorie e un meccanismo improntato al principio di sussidiarietà. In sostanza, la regìa dei vigneti non andrebbe affidata alle sole organizzazioni interprofessionali ma decisa a livello di singoli Stati che potebbero delegarla anche al settore pubblico (come avviene in Italia con i registri regionali delle vigne). Entrambe le proposte prevedono una (minima) possibilità di piantare nuovi vigneti sulla base di contingenti dettati dalle esigenze del mercato. La soluzione definitiva verrà dalla prossima riunione del gruppo in programma a novembre.

Soddisfatto il ministro per le Politiche agricole, Mario Catania. «Abbiamo la certezza – ha detto – che anche in futuro ci sarà un regime di gestione delle superfici vitate. Siamo riusciti a portare in fondo un lavoro di squadra che ha visto l'Italia in prima fila».
«Il problema non è quello delle soluzioni che prevarranno – spiega Palma Esposito, delegato del Copa–Cogeca (sigla che racchiude cooperative e organizzazioni agricole europee) –. Il risultato per noi di maggior rilievo è che Bruxelles non parla più di liberalizzazione ma della necessità di mantenere un sistema di gestione dei vigneti». «C'è una significativa apertura della Commissione – aggiunge il presidente di Efow (l'associazione europea dei vini a denominazione d'origine), Riccardo Ricci Curbastro – mentre finora Bruxelles difendeva a spada tratta la liberalizzazione».

L'estensione dei filari

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