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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2012 alle ore 10:40.

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Prezzi in caduta libera, ritorsioni commerciali da Europa e Stati Uniti, sovracapacità produttiva, aziende con i bilanci in rosso.
Dopo anni di crescita furibonda, ipertrofica e incontrollata, per l'industria dell'energia solare cinese la vita inizia a farsi a dura. E, vista la determinazione con cui Bruxelles e Washington stanno contrastando il dumping di pannelli made in China, il futuro per i produttori locali non promette nulla di buono.

Così, come accade puntualmente in Cina quando un'industria manifatturiera strategica entra in crisi, per salvare il settore è sceso in campo il Governo. Un Governo che, con l'aria che tira sull'economia nazionale, non può permettersi di lasciar andare a gambe all'aria l'industria fotovoltaica (la Cina è il principale produttore di pannelli solari del mondo) e tutto il suo indotto.

Così Pechino è intervenuta su due livelli. Da un lato, ha spinto le grandi banche nazionali, e in particolare la China Development Bank, a ricapitalizzare le aziende del settore con i conti in profondo rosso: l'ultimo gruppo a far ricorso al soccorso pubblico è stato Suntech, che una decina di giorni fa ha ricevuto una linea di credito straordinaria di 32 milioni di dollari.

Dall'altro, come già aveva tentato di fare un paio di anni fa quando il taglio dei sussidi pubblici europei al fotovoltaico ruppe l'incantesimo della crescita infinita, Pechino sta cercando di dirottare sul mercato interno gli sconfinati eccessi di produzione giacenti nei magazzini dei vari colossi come Suntech, Trina Solar, Ldk, che a seguito della crisi hanno già annunciato massicci licenziamenti.

Il che significa aumentare il peso dell'energia solare nel portafoglio energetico cinese. L'ultimo segnale in questo senso è giusto della settimana scorsa: l'Agenzia nazionale per l'energia di Pechino ha chiesto alle singole Province di presentare i loro nuovi programmi di sviluppo del fotovoltaico entro il 15 ottobre. Tali programmi dovranno mettere in conto maggiori investimenti sul l'energia solare rispetto a quanto previsto dal Piano Quinquennale 2011-2015.

Un Piano già rivisto drasticamente al rialzo nella primavera 2011, quando il raffreddamento della domanda globale (e in particolare di quella europea) di pannelli spinse il Governo cinese ad accelerare sul fotovoltaico per sostenere i produttori domestici, ponendosi come obiettivo l'installazione di 10 gigawatt. E che ora prevede un altro sostanziale raddoppio dei target: entro il 2015 l'industria solare del Dragone dovrà essere in grado di generare una capacità complessiva di 21 gigawatt.

Il rinvio dell'implementazione dei piani di sviluppo del solare alle singole Province è un passo necessario. Solo le autorità locali, infatti, oggi sono in grado di garantire l'effettiva realizzazione degli impianti in funzione delle capacità di portata della rete elettrica locale.

Molti progetti realizzati nel recente passato dai giganti energetici cinesi (Guodian, Cgnpl, Huaneng) gettatisi a capofitto nel nuovo business del fotovoltaico sono naufragati proprio sulle difficoltà di convogliare nel national grid l'energia prodotta dalle stazioni termiche spuntate come funghi in ogni angolo del Paese.

In che misura l'opera di salvataggio dell'industria solare approntata dal Governo cinese aprirà delle interessanti opportunità di business per le aziende straniere oltre la Grande Muraglia?

La sensazione, rispetto a un paio di anni fa quando il boom del fotovoltaico spalancò all'improvviso nuovi orizzonti alle multinazionali del settore (tra cui le italiane Santerno e Bonfiglioli), è che oggi la partita del solare cinese sia assai più complessa. «Il settore sta vivendo un periodo veramente difficile - spiega il direttore di una società europea attiva da anni nel Paese - Ci sono molti problemi e la loro soluzione non è dietro l'angolo come vorrebbe lasciar intendere il Governo annunciando piani di sviluppo destinati probabilmente a restare sulla carta».

Oggi all'industria solare cinese mancano due ingredienti fondamentali: gli acquirenti e i soldi. E quando mai dovessero tornare gli uni e gli altri, con i venti di protezionismo che soffiano sul settore, sarà difficile che i grandi protagonisti del fotovoltaico del Dragone accettino di dividere la torta con le aziende straniere.

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