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Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2013 alle ore 17:39.

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Il pretendente non è più anonimo: è Gucci che ha presentato l'offerta vincolante per l'acquisto della storica manifattura di porcellane Richard Ginori, dichiarata fallita tre mesi fa. La maison fiorentina della moda, che fa capo al maxi gruppo francese del lusso Kering (nuovo nome di Ppr), ha messo sul piatto 13 milioni di euro e la riassunzione di 230 dei 305 dipendenti. Proprio l'offerta di Gucci, depositata al Tribunale di Firenze il 26 marzo, è stata posta alla base del secondo bando di vendita all'asta in lotto unico (marchio, fabbrica, partecipazioni), pubblicato dal curatore fallimentare e in scadenza il prossimo 22 aprile.

Se quel giorno non si presenteranno, com'è probabile, altri pretendenti disposti a migliorare l'offerta (economica e occupazionale) di Gucci, e dunque a dar vita all'asta, Richard Ginori sarà aggiudicata alla maison fiorentina e andrà ad arricchire il paniere di marchi di Francois Henri Pinault. A una condizione, posta proprio da Gucci: che ci sia l'accordo coi sindacati sulla riassunzione di 'soli' 230 dipendenti sui 305 oggi in cassa integrazione straordinaria.
Il pallino passerebbe dunque in mano ai sindacati, che dovrebbero decidere se accettare il rilancio della fabbrica con un numero inferiore di lavoratori, oppure insistere per la riassunzione di tutti. La Cgil ha già mostrato apertura: "L'interesse di Gucci riapre una vera prospettiva industriale", ha affermato Cgil Toscana. "Una gran bella notizia", ha aggiunto il segretario regionale con delega alle attività produttive, Daniele Quiriconi.

Per Gucci, che è seguito dallo studio legale Bonelli Erede Pappalardo, l'offerta si basa su un progetto di lungo periodo ed "è coerente con la strategia di valorizzazione dell'eccellenza del made in Italy nel mondo". Il salvataggio di Richard Ginori dopo l'agonia che l'ha accompagnata negli ultimi anni, se compiuto attraverso il matrimonio con un altro storico marchio fiorentino del made in Italy, rappresenterebbe un bel risultato anche per il curatore fallimentare Andrea Spignoli, che da più parti era stato accusato di aver alzato troppo la posta con il primo bando che partiva da un prezzo di 14,2 milioni. A temperare l'entusiasmo per l'offerta proveniente da un'azienda come Gucci c'è solo il fatto che un altro grande marchio del made in Italy vola in Francia.

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