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Questo articolo è stato pubblicato il 08 aprile 2013 alle ore 10:28.

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La storia dei vini a denominazione d'origine italiani è anche una (triste) storia di imitazioni. Ed è così che oggi allo stand della Coldiretti (nel corridoio fra i padiglioni 6 e 7) al Vinitaly di Verona, andrà in scena un campionario di imitazioni di vini italiani. Si andrà dal Chianti svedese (per il quale la prova che si tratta di una contraffazione sta già nel colore visto che si tratta di un vino bianco) al Kersecco tedesco. Dal Barbera rumeno al Concentrato di Sambuca. Il settore dei finti vini e liquori italiani, secondo una stima di Coldiretti, vale almeno 200 milioni di euro.

Cantine e vigneti, una questione di famiglia (di Giorgio dell'Orefice)

Dalle semplici contraffazioni del nome ai prodotti completamente diversi dall'originale al quale pure si richiamano, sono solo gli ultimi esempi di bottiglie spesso rintracciate sugli scaffali della grande distribuzione in giro per il mondo. Prodotti selezionati dalla stessa Coldiretti che già da alcuni anni provvede a segnalare questi casi in particolare nelle giornate del Vinitaly.

«Nell'Unione Europea del rigore nei conti - sottolinea Coldiretti - si permette che pseudo vino sia ottenuto da polveri miracolose contenute in wine-kit che promettono in pochi giorni di ottenere le etichette più prestigiose come Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Verdicchio, Lambrusco o Montepulciano. Se in Canada e negli Stati Uniti si sta registrando un vero boom con la moltiplicazione delle ditte produttrici (tra esse California Connoisseur e Vineco) è sconvolgente che anche in Europa sono stati addirittura aperti degli stabilimenti di lavorazione». In Svezia, per esempio, è stato scoperta una fabbrica che a Lindome, vicino a Goteborg, «che produce e distribuisce in tutto il continente, e del tutto indisturbata, oltre 140mila wine kit all'anno dai quali si ottengono circa 4,2 milioni di bottiglie».

Quest'anno ha predisposto un vero e proprio "Angolo della vergogna" con esposte alcune eclatanti contraffazioni di famosi prodotti made in Italy. «La stagnazione dei consumi interni insieme alla crescita dei mercati esteri – ha spiegato la Coldiretti – rende ancora più urgente l'intervento delle istituzioni per tutelare l'export di vino made in Italy di fronte ai numerosi tentativi di banalizzazione delle produzioni nazionali. Oltre al danno economico – conclude la Coldiretti – a preoccupare è il danno di immagine che si può provocare con casi come questi, in particolare fra i consumatori dei mercati emergenti nei quali cioè ancora non si è affermata una cultura del vino».

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