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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2013 alle ore 08:22.

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Il nostro Paese può permettersi di dimenticare in un cassetto un miliardo di euro di investimenti e 5mila posti di lavoro? Per di più in Sardegna, l'isola meno felice per il lavoro? La logica vuole che la risposta sia senza alcun dubbio no. L'Archimede Solar Energy (Ase) sta però dimostrando che in Italia potrebbe accadere anche questo. Ase (lo chiameremo così per brevità) è una società italiana che produce tubi ricevitori per centrali solari termodinamiche a concentrazione ed è il soggetto di questa storia di malaburocrazia.

Il progetto in questione prevede la costruzione in Sardegna di centrali termodinamiche che utilizzano il ricevitore solare a nitrati di sodio e potassio (sali fusi) quale fluido termovettore. Fondata nel 2007, Ase è oggi l'unico produttore al mondo di un tubo ricevitore commercialmente disponibile che funziona con sali fusi, come fluido–termovettore e costruisce tubi su licenza Enea.

«Abbiamo iniziato a collaborare con l'agenzia nel 2003, fornendo macchine particolari che formavano il rivestimento dei tubi per trasformare la radiazione solare in calore, scaldando un fluido che ad altissima temperatura a contatto con l'acqua genera vapore che muove le turbine», ricorda Gianluigi Angelantoni, presidente di Ase e amministratore delegato di Angelantoni group. Il progetto partì sotto la guida del Nobel Carlo Rubbia. Dopo una lunga collaborazione Enea «ci chiese di produrre i tubi e cioè l'elemento chiave del progetto», continua Angelantoni.

È una tecnologia innovativa, molto competitiva ma che necessita di partenariati finanziari e internazionali. All'inizio il partner è stato Siemens. Dopo l'uscita del gruppo tedesco è diventato la Chiyoda Corporation, un gruppo giapponese che si è rivolto ad Archimede solar energy per avere un contributo tecnologico nel programma che il Giappone sta sviluppando per promuovere il solare. L'ingresso di Chiyoda in Archimede ha significato il progetto di stanziare un investimento da un miliardo di euro in Sardegna.

Per lo sviluppo industriale della tecnologia è stato ideato un impianto dimostrativo che sotto scala preindustriale ma significativa ha dimostrato la fattibilità e la convenienza delle soluzioni dell'Ase. Questo impianto è stato realizzato in Umbria con il contributo del ministero dell'Ambiente italiano che ha finanziato il progetto e con il contributo della Regione Umbria. Il progetto quindi è anche stato sponsorizzato in modo ufficiale e concreto dal governo italiano. L'inaugurazione è avvenuta lo scorso luglio a Massa Martana con la partecipazione del ministro dell'Ambiente Andrea Orlando e del direttore generale del ministero dell'Ambiente Corrado Clini. Proprio in quell'occasione intervengono i partner giapponesi e Angelantoni racconta dell'odissea del progetto in Sardegna spiegando le difficoltà a svilupparlo perché non è chiaro a chi si debba presentare la domanda per ottenere l'Autorizzazione di impatto ambientale Via.

Angelantoni dapprima presenta la domanda alla regione Sardegna. La regione Sardegna però nella deliberazione n.5/25 del 29/1/2013 fa alcune osservazioni, tra cui anche alcune di carattere paesaggistico. Ma soprattutto obietta che la competenza ad analizzare il progetto non è regionale. Il cassetto dove è stata dimenticata l'autorizzazione non sembra essere in Sardegna. «La via nazionale si applica a progetti che sono indicati nel decreto legislativo 152/2006, poi modificato dallo 04 del 2008, che prevede che per le centrali termiche a combustione superiori a 300 Megawatt termici si applichi la Via nazionale e sia quindi il ministero dell'Ambiente a decidere per la Via», spiega Angelantoni.

Le centrali che dovrebbero essere costruite in Sardegna (la prima a Villasor, vicino Cagliari) sono 4. «Una da 30 Megawatt elettrici e 3 da 50 Megawatt elettrici che corrispondono a 389 Megawatt termici», dice Angelantoni. Essendo di potenza superiore ai 300 Megawatt termici si deve applicare la Via nazionale e non quella regionale. Angelantoni quindi rivede il progetto per renderlo compatibile con le procedure della Via nazionale. Presenta la domanda alla Commissione Via del ministero dell'Ambiente ma la commissione risponde che quel progetto non rientra tra quelli a combustione tradizionale e quindi non può essere considerato oggetto o soggetto alla commissione. In questo impianto l'energia solare viene catturata e conferita in collettori solari che consentono di trasformare questa energia in vapore che poi fa muovere una turbina. Il processo industriale per la produzione di energia termica è uguale sia che entri vapore sia che entri gas. È difficile affermare che un impianto di questo tipo non rientra tra le tipologie di impianti che possono essere assoggettati a Via nazionale.

Il risultato pratico di questo rimpallo è che un investimento di un miliardo di euro rischia di prendere altre strade, una tecnologia di punta, per di più sostenuta dal governo italiano, rischia di non poter fiorire. Così come i cinquemila posti di lavoro tutti altamente qualificati e potenzialmente interessanti per i giovani.

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