Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2014 alle ore 09:13.
L'ultima modifica è del 28 gennaio 2014 alle ore 09:22.
POTENZA - È bastata la messa in produzione di un solo pozzo per invertire il trend negativo nella produzione nazionale su terraferma di petrolio che dalla seconda metà del 2013 è tornata a salire chiudendo l'anno con un sostanziale mantenimento del livello produttivo dell'anno precedente. A cambiare lo scenario energetico del Paese è un pozzo sito in Basilicata, la regione che grazie al giacimento di Eni in Val d'Agri, il più grande d'Europa continentale, contribuisce a oltre l'80% della produzione nazionale di petrolio.
Si chiama Alli 2 e ci sono voluti più di 10 anni perché si completasse il suo iter autorizzativo, ma da quando è operativo si è subito rivelato un ottimo produttore, tra i migliori del giacimento lucano al punto da riuscire con la sua entrata in attività a segnare la ripresa del trend produttivo italiano.
Il pozzo Alli 2 contribuisce, infatti, per circa il 15% alla produzione attuale di petrolio del giacimento Val d'Agri, che è di circa 86mila barili al giorno.
È l'esempio più tangibile della complessità, ma anche della lentezza delle procedure autorizzative e dei freni delle opposizioni locali e dei comitati del "no" che ne hanno contestato l'ubicazione e la realizzazione, nonostante avesse tutti i requisiti. Un iter lungo e tormentato i cui passaggi principali sono stati l'approvazione del Piano Lavori di sviluppo della concessione Val d'Agri, che è stato sottoposto a Valutazione di impatto ambientale (Via) e in seguito, l'approvazione del programma specifico di perforazione del pozzo, autorizzato dall'Unmig dopo aver ottenuto l'Intesa Regionale. Ultimo atto necessario ottenere il permesso a costruire da parte del Comune di Marsicovetere. Permesso che in altri comuni italiani non è richiesto proprio perché si tratta di un'opera temporanea. Ma che spesso finisce per assumere un peso importante nella contrattazione con le compagnie petrolifere per ottenere qualche benefit in più. Un vero tira e molla fatto di pressioni da parte degli amministratori agli operatori che, per "quieto vivere", finiscono per assecondare le richieste pur di ottenere un atto dovuto e lavorare. E così dopo un anno dalle operazioni di realizzazione di Alli 2, l'entrata in produzione e a novembre scorso la rimozione della cosiddetta torre di perforazione o derrick.
Ma guardiamo i dati. Nei primi mesi del 2013 si è assistito a una diminuzione della produzione dovuta al blocco sostanziale di qualsiasi autorizzazione nell'anno precedente. Basti pensare che da otto anni non si perforava più un pozzo in Basilicata e in tutto il Sud non c'è un pozzo esplorativo in perforazione, perché tutte le istanze sono bloccate dai comitati del "no".
La leggera ripresa della produzione nazionale su terraferma registrata nel 2012 rispetto all'anno precedente, da 4,6 milioni di tonnellate di petrolio del 2011 a 4,9 rischiava pertanto di essere vanificata con un nuovo pesante calo. E così è stato fino a maggio con una produzione mensile media nettamente inferiore all'anno precedente. Ma da giugno 2013 si è registrata, invece, un'inversione di tendenza favorita dalla realizzazione di nuovi investimenti. Non bisogna, infatti, dimenticare che i tempi lunghi non solo hanno frenato l'estrazione di greggio, ma anche gli investimenti, l'occupazione, l'indotto che generano le attività estrattive sul territorio e conseguentemente le royalty connesse alla produzione e le ulteriori entrate per il Paese anche in termini fiscali. Il costo di un pozzo va da 25 a 30 milioni di euro e intorno viene movimentata una forza lavoro di oltre 70 operai nelle diverse fasi.
Lo sblocco autorizzativo ha permesso ad Eni di investire in Basilicata circa 100 milioni di euro per attività di manutenzione, sia sul giacimento che sugli impianti e quindi una timida ripresa delle attività di sviluppo. E così si è riusciti a chiudere l'anno quasi con un pareggio: 3,9 milioni di tonnellate di greggio estratte in Basilicata, contro i 4 milioni del 2012. E da giugno la produzione mensile del giacimento lucano si attesta sempre su una media di 2.500 milioni di barili, 86 mila al giorno.
Ma l'allerta rimane e anche il rischio di un nuovo declino nel 2014 con evidenti ripercussioni sulla possibilità di una riduzione delle importazioni, della dipendenza dell'estero, del deficit energetico e con effetti anche sulle entrate fiscali per lo Stato e per i territori. Quest'anno, infatti, sarà possibile restare sui livelli attuali se le attività di perforazione già autorizzate o in fase di autorizzazione regionale avranno il via libera.
In particolare, sono sette i pozzi di sviluppo in fase di autorizzazione, divisi nei territori di Marsiconuovo, Marsicovetere, Calvello e Viggiano, già previsti nel protocollo d'intenti siglato tra Regione Basilicata e Eni nel 1998, per lo sfruttamento del giacimento della Val d'Agri che prevede una produzione di 104 mila barili di petrolio al giorno. Valore mai raggiunto proprio perché si devono ancora concludere gli iter autorizzativi. Ciascuna postazione si trova in una situazione diversa. In alcuni casi manca solo il permesso a costruire da parte del Comune. In altri si deve ancora completare l'iter Regionale propedeutico al rilascio dell'intesa. I tempi? Ragionevolmente, queste attività possono tutte essere realizzate e completate nel corso dei prossimi due anni, auspicano le compagnie petrolifere. Pena un nuovo declino.
©RIPRODUZIONE RISERVATA