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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2014 alle ore 12:21.
L'ultima modifica è del 29 gennaio 2014 alle ore 10:38.

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(Ap)(Ap)

«Mi impegno personalmente a fare in modo che tutta la produzione Electrolux resti in Italia e lo faremo senza aiuti di Stato» . È quanto ha detto il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, intervenendo alla trasmissione Agorà, su Rai 3. Sulla trattativa per mantenere tutta la produzione Electrolux in Italia «sono state date notizie false che hanno creato allarme. Non ci sarà un taglio degli stipendi del 40%», ha poi detto il ministro dello Sviluppo Economico che ha anche ricordato la vertenza Indesit finita positivamente. «Abbiamo risolto il caso Indesit. E fino al 2018 non ci saranno problemi».

Intanto, però, i lavoratori della Electrolux, in attesa del tavolo di trattative che il ministro Flavio Zanonato aprirà oggi alle 15 al Mise, hanno bloccato da questa mattina alle 5 gli ingressi degli stabilimenti di Susegana e Porcia. Continua, dunque, la loro mobilitazione contro il piano dell'azienda: oggi nessun camion è entrato o uscito e gli impiegati sono stati tenuti fuori dai cancelli. Dalle due cittadine stamattina sono partite, in treno, due delegazioni sindacali per partecipare al tavolo romano. «Diremo che la proposta dell'azienda del taglio degli stipendi e degli altri diritti sindacali è irricevibile - fa sapere Paola Morandin, delegata Rsu -. La multinazionale ha presentato un piano ancora peggiore di quello tanto criticato della Fiat».

Ieri intanto il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ai microfoni di Radio 24, ha assicurato che lo stabilimento Electrolux di Porcia non chiuderà. «Porcia non chiude. Anche Porcia rimarrà aperta», ha detto il ministro. «Si continuano però a diffondere notizie negative», ha aggiunto.

Il tavolo delle trattative per Electrolux è stato convocato per oggi alle ore 15 al ministero dello Sviluppo economico. Lo presiederà Zanonato, ma sarà presente anche la presidenza del Consiglio. Alla riunione prenderanno parte l'amministratore delegato di Electrolux Italia e responsabile di tutti i siti europei della multinazionale Ernesto Ferrario, i presidenti delle quattro Regioni interessate al futuro degli stabilimenti italiani del gruppo svedese (Veneto, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Emilia Romagna) e i sindacati.

Ieri si sono tenute riunioni fin dall'alba nelle fabbriche di Susegana, Treviso, e Porcia, Pordenone, dove l'assemblea ha deciso per un'intera giornata di sciopero e manifestazioni e votato un ordine del giorno che chiede al premier, Enrico Letta, di convocare un tavolo sulla vertenza. Verso le otto gli operai sono scesi in strada, bloccando la Pontebbana; a Pordenone, dove sono arrivati anche il sindaco e il vicepresidente della Provincia, il presidio ai cancelli ha bloccato gli ingressi e fermato l'ingresso delle merci in fabbrica. Circa 500 lavoratori si sono riuniti in presidio a Solaro (Milano), con bandiere e striscioni davanti ai cancelli in corso: lo sciopero è proseguito per tutto il giorno.

Sono stati i primi segnali della rabbia dei dipendenti Electrolux, il giorno dopo l'incontro di Mestre fra azienda e sindacati. Sul taglio delle retribuzioni prospettato per mantenere aperti tre stabilimenti su quattro è guerra di cifre: «Di fronte al rimbalzare di numeri ed evidenze che possono fuorviare la serenità del confronto e generare inutili allarmi – ha fatto sapere Electrolux – ecco le ipotesi di lavoro proposte ai rappresentanti dei lavoratori. La proposta tutta da discutere del costo dell'ora lavorata prevede una riduzione di 3 euro. In termini di salario netto questo equivale a circa l'8% di riduzione ovvero a meno 130 euro mese. Nel corso dell'incontro è stata anche avanzata l'ipotesi di raffreddare l'effetto inflattivo del costo del lavoro, responsabile del continuo accrescere del gap competitivo con i Paesi dell'Est Europa, attraverso il congelamento per un triennio degli incrementi del contratto collettivo nazionale di lavoro e degli scatti di anzianità. L'azienda ha dato piena e ovvia apertura a considerare altre forme di riduzione del costo del lavoro con minori o, se possibile, nulle conseguenze sui salari».

Quanto all'ambiguità denunciata da rappresentanti sindacali sul ricorso agli ammortizzatori sociali per assorbire la diminuzione dell'orario da otto a sei ore – in mancanza dei quali il taglio alle retribuzioni aumenterebbe di un ulteriore 25% – «l'azienda ribadisce che il regime di 6 ore assunto come base per tutti i piani industriali è da considerarsi con applicazione della solidarietà, come da accordi sottoscritti e dei quali auspica il prossimo rinnovo».

Chiarimenti che non bastano a smorzare il clima di tensione, soprattutto a Pordenone, l'unico sito per il quale non è stato presentato alcun piano. «Electrolux si insediò in Friuli Venezia Giulia con qualche miliardo di lire di contributi pubblici. Recuperi la responsabilità sociale e rinunci ai ricatti», ha scritto su Twitter Debora Serracchiani, presidente della regione Friuli Venezia Giulia. La provincia, che già sta lottando contro la chiusura di Ideal Standard, è stata la prima a presentare proposte concrete per scongiurare la fuga della multinazionale svedese, che qui conta oltre 1.100 occupati più l'indotto.

Prima il piano per la competitività firmato dagli industriali, poi quello della Regione, che ha messo sul piatto 98 milioni di risorse. La polemica che già nei giorni scorsi, prima che Electrolux scoprisse le proprie carte, aveva raggiunto il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, ora è più forte che mai: «Sulla vicenda il ministro è stato totalmente assente – denuncia il governatore del Veneto Luca Zaia – È dal mese di ottobre che io, Serracchiani, Errani e Maroni (governatori delle regioni che ospitano i siti produttivi, ndr) chiediamo al governo un tavolo nazionale, ma ancora non si è visto nulla. Una multinazionale come Electrolux dovrebbe essere trattata alla stregua di casi come Alitalia e Ilva».

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