Si sono conosciuti sui banchi di scuola di Ragioneria, a Thiene. Oggi, a 33 anni, sono rispettivamente presidente (Giacomo Spezzapria) e amministratore delegato (Denis Moro) di Melegatti, acquistata per 13,5 milioni dopo una prima asta andata deserta. L’acquisizione è stata formalizzata solo pochi giorni fa, il 19 novembre l'imprenditore è entrato nello stabilimento di San Giovanni Lupatoto, dove sono tornate al lavoro 35 persone: 26 di loro provengono dai 46 dipendenti storici rimasti dopo il fallimento.
Da dove riparte Melegatti?
«L’azienda è ora parte di un gruppo alimentare costituito da tre società di packaging: la vicentina “Eriplast”, la trentina
“Fucine Film” e la modenese “Albertazzi G.”, tutte arrivate per acquisizione. L’integrazione verticale della filiera alimentare
consentirà economie di scala e ampliamento di competenze».
Quando avete scelto di acquisire l’azienda dei dolci da ricorrenza?
«Da un paio d’anni cercavamo una realtà dell’alimentare con un marchio sul quale investire. Già allora ci eravamo interessati
a Melegatti, poi avevamo accantonato l’ipotesi».
Ad un certo punto è sembrato che ci fosse più di un investitore, ma nessuno è arrivato fino in fondo.
«In effetti sembrava che ci fosse la coda: non abbiamo nemmeno partecipato al primo bando del tribunale. Ma quando quella
gara è andata deserta era chiaro che ci fosse spazio per una seria offerta. L’acquisizione dell’Albertazzi G. è molto recente,
non avevamo programmato di concludere così rapidamente una nuova operazione, ma abbiamo colto l’occasione. Abbiamo preferito
evitare annunci e dichiarazioni prima di avere la certezza di portare a termine l’impegno».
Che situazione ha trovato?
«Lo stabilimento di San Giovanni Lupatoto mostra, come è naturale, i segni di un prolungato fermo degli impianti successivo
alla campagna natalizia 2017. Stiamo provvedendo alle manutenzioni necessarie e abbiamo messo in campo un piano di investimenti
per rinnovare il necessario».
Ora la priorità è Natale...
«La produzione, seppur contenuta, è avviata: svolgiamo alcune parti della lavorazione in casa, altre le abbiamo esternalizzate
prendendo in affitto degli impianti, in modo da non perdere tempo. La prima vera produzione interna sarà quella di Pasqua
2019».
Quando e dove saranno on vendita i primi prodotti?
«Contiamo di essere sugli scaffali della grande distribuzione per l’8 dicembre. Stiamo ancora trattando con le diverse insegne,
ma la distribuzione sarà la più estesa possibile».
Quali progetti avete sull’altro stabilimento mai entrato in funzione a San Martino Buon Albergo?
«L’obiettivo è entrare nel mercato dei prodotti continuativi, capitolo che affronteremo dopo la campagna natalizia. Valuteremo
quale tipo di prodotto sia il più adatto anche alla luce di possibili sinergie con altre realtà del settore».
Quali sinergie si aprono per Melegatti con le altre aziende del gruppo?
«Sono numerose, dai rapporti con clienti e fornitori che appartengono alla medesima area food fino ai servizi che possono
essere messi in comune».
Melegatti ha già riassunto parte dei lavoratori “storici” rimasti dopo il fallimento.
«L’accordo sindacale che è stato siglato ha tenuto conto della salvaguardia dei lavoratori, nonostante il secondo bando avesse
di fatto eliminato l’obbligo di mantenere in forza il personale dipendente. Noi ripartiamo da loro, dall’esperienza dei lavoratori
e dalle competenze manageriali per rilanciare uno dei marchi più belli.
Che obiettivo economico vi siete dati?
«È presto per dirlo ma contiamo di attestarci fra i 35 e i 45 milioni di fatturato per il 2019; intendiamo puntare sull’export
e nel piano di sviluppo accresceremo le opportunità di lavoro in Melegatti».
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