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In palio 1.500 posti per trentamila aspiranti musicisti

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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2010 alle ore 08:51.

Sono 70 i conservatori in Italia: cui una cinquantina di strutture statali mentre le altre, parificate, sono gestite da enti locali. Tutti garantiscono la stessa offerta: un triennio di studi, alla fine del quale si consegue una laurea di primo livello, e un biennio di specializzazione che sfocia nella laurea di secondo livello.

Accedere a questi istituti non è facile. Anzitutto perché è previsto il numero chiuso, che varia a seconda dei conservatori e delle classi. In secondo luogo perché a tentare l'ingresso sono in molti: ogni anno su 30mila persone che ci provano, solo 1.500 entrano. Prerequisito fondamentale è il possesso di un diploma di maturità (anche se in casi di eccezionale bravura è concesso l'ingresso ai non diplomati, che però dovranno conseguire il titolo di scuola superiore prima della fine del conservatorio) ma soprattutto di adeguate competenze musicali. L'esame di ammissione prevede infatti un test d'ingresso che serve a verificare le abilità, che devono essere già di alto livello e di solito maturate grazie a un lungo percorso di studi precedente, che può anche essere superiore ai 10 anni.

«Chi entra negli istituti di alta formazione musicale lo fa perché esce tradizionalmente da altri anni di conservatorio - spiega Patrizia Conti, direttore del conservatorio Paganini di Genova -. Tuttavia l'ingresso è concesso a chiunque, anche a chi ha studiato privatamente o dimostra doti particolari».

L'offerta formativa è variegata. Ad esempio c'è chi sceglie di studiare per cinque anni un solo strumento: si va dal clavicembalo all'organo, dal pianoforte all'arpa, dal liuto alla chitarra, passando per gli ottoni e tutti gli altri strumenti musicali. Non c'è però solo la parte strumentale. Chi vuole può scegliere anche l'indirizzo compositivo - per scrivere musica, dirigere un coro o fare jazz - o l'area didattica, pensata per chi andrà a insegnare musica nelle scuole medie o nei licei musicali, ormai pronti al varo. Infine è stata data attenzione anche alla formazione delle nuove professionalità, specializzate nel composizione di musica elettronica come nelle tecnologie del suono.

Ma dopo la laurea, che cosa succede? «Gli sbocchi occupazionali vanno dalla carriera concertistica, una strada in verità sempre più ardua da percorrere per il taglio dei fondi pubblici, alle nuove professioni in ambito musicale, nel cinema come nel teatro – conclude Conti –. Ai giovani consiglio però di guardare fuori dai confini nazionali, alle orchestre europee: le occasioni non mancano e i professionisti italiani sono molto apprezzati».

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