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Titoli a doppia nazionalità

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Questo articolo è stato pubblicato il 03 giugno 2010 alle ore 15:37.

Da sei mesi a due anni in un'università straniera, tra lezioni, lavori di gruppo ed esami. Alla fine del percorso una laurea a doppia cittadinanza, valida nel paese d'origine e in quello ospitante. Il prossimo anno accademico sono 38 gli atenei – il 40% del totale contro il 30% dell'anno scorso – che hanno attivato corsi a doppio titolo (si veda l'elenco completo nella tabella qui sotto).

Un'offerta che riguarda sia il ciclo triennale che quello magistrale per un totale di 244 corsi e cresce di pari passo con gli accordi stipulati tra le università per preparare piani di studi congiunti. Le prime esperienze sono state avviate sulla spinta del processo di Bologna, un'intesa firmata nel 1999 dai ministri di 29 paesi europei, che punta all'integrazione dei sistemi di istruzione superiore. Le partnership, che coinvolgono sia le aree scientifiche e tecniche che quelle umanistiche, si sono poi estese anche al di fuori della Ue, in particolare in Usa, Cina e America Latina. In alcuni casi il titolo si fa in tre. Come la specialistica in ortofrutticola internazionale all'università di Bologna: il primo semestre in Italia, il secondo a Monaco di Baviera in Germania e il terzo a Vienna. In questo caso il titolo è multiplo, perché coinvolge più atenei.

Il soggiorno all'estero diventa così una carta in più per l'ingresso nel mondo del lavoro: «Il titolo – spiega Luca Lantero, vicedirettore del Cimea, il Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche della Fondazione Rui – risulta direttamente spendibile e lo studente non deve farlo riconoscere nei rispettivi sistemi universitari». Una differenza sostanziale con gli altri programmi di mobilità come l'Erasmus che non prevedono il rilascio di un doppio titolo. Si tratta però di benefici che gli studenti devono guadagnarsi "sul campo", perché l'esperienza non è riservata a tutti e richiede qualche sforzo in più rispetto ai corsi di laurea tradizionali.

Se il principale ingrediente per partecipare è la forte motivazione, i requisiti variano a seconda degli accordi tra gli atenei. In genere chi si iscrive a una laurea magistrale e punta a un curriculum internazionale deve avere una media di almeno 24/30 ed essere in pari con gli esami, oltre a un livello di conoscenza intermedio dell'inglese o della lingua del paese ospitante se è prevista come veicolo di insegnamento. Lo studente paga le tasse universitarie nel paese di origine e viene esonerato in quello ospitante. Vitto e alloggio sono a carico delle famiglie, ma è possibile ottenere borse specifiche che consentono di coprire in parte o del tutto le spese di soggiorno. Al termine si prepara un'unica tesi che viene discussa nelle due sedi di studio. Per andare incontro alle esigenze degli studenti alcuni atenei hanno però iniziato a organizzare sedute di laurea in videoconferenza.

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Glossario

DOPPIO TITOLOI programmi a doppio titolo o double degree sono percorsi di studio concordati con

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Tra i pionieri del doppio titolo è stata l'università di Trento. «Siamo partiti 13 anni fa offrendo ai nostri studenti la possibilità di costruirsi un profilo internazionale con un'esperienza in Germania. Ad oggi – sottolinea Carla Locatelli, prorettore per le relazioni internazionali dell'ateneo – abbiamo stipulato 26 accordi in 8 paesi, compresa la Cina. Al di là dell'esito finale con la laurea a doppia cittadinanza il valore aggiunto è la condivisione e l'integrazione della didattica, che si rivela particolarmente importante per i corsi che prevedono un'attività di ricerca, come ingegneria».

L'esperienza delle doppie lauree è consolidata anche al Politecnico di Torino, che di recente ha stipulato nuovi accordi con atenei cinesi, libanesi, nordamericani e sudamericani. «Trascorrere in media 18 mesi in un altro Paese, confrontandosi con culture e modalità didattiche differenti – sottolinea Anna Solaro del servizio internazionalizzazione dell'università piemontese – costituisce senza alcun dubbio un elemento da tenere in considerazione per eventuali datori di lavoro».