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Questo articolo è stato pubblicato il 24 giugno 2010 alle ore 13:41.
«Non sono un evasore fiscale. Sono vittima di un malfunzionamento da parte del Comune di Ortona». Rocco Siffredi non ci sta a passare per evasore e racconta la sua versione dei fatti, in un'intervista a Radiocor, dopo la notizia della sua iscrizione nel registro degli indagati della Procura di Chieti perché avrebbe evaso circa 2 milioni tra il 2002 e il 2005.
«Il Comune - dice il pornoattore e produttore di film hard - ha trasmesso con quattro anni di ritardo il trasferimento della mia residenza in Ungheria, dove vivo da 1997 e dove ho trasferito ufficialmente la residenza, come risulta dal registro dell'Aire, dal 21 settembre del 2001. Avevo la doppia residenza senza saperlo. Non pensavo che fosse un problema».
Quanto all'evasione fiscale di oltre 2 milioni di euro, Siffredi è drastico: «Io ho ricevuto dall'Agenzia delle Entrate di Ortona un accertamento relativo a 7-800mila euro per via di un conto corrente che avevo mantenuto in Italia perché mi serviva per la carta di credito e per pagare le bollette di una casa in affitto. Nei prossimi giorni sottoscriverò un verbale con adesione con cui pagherò circa il 20% di quella somma. Per chiudere qui la vicenda».
L'accertamento di 2 milioni potrebbe riferirsi, secondo l'attore, a redditi «del 2002-2003 relativi alla casa di produzione con cui collaboro. Ma io vivo e lavoro in Ungheria, non vedo davvero cosa possa esserci di illegale». Quanto all'indagine penale, per Siffredi «ci vuole molta fantasia per arrivare a sostenere davanti a un giudice che ho trasferito la residenza in Ungheria per evadere il fisco. Ho un miliardo e mezzo di prove che dicono il contrario. Vivo lì dal 1997. Sono uno dei pochissimi vip che ha la residenza fuori vivendo davvero all'estero. I miei bambini vanno a scuola a Budapest».
Per il produttore di film hard il suo disguido con il fisco nasce anche dalla sua professione: «Faccio l'attore hard da 25 anni. Gran parte della mia carriera si é svolta all'estero perché non si capiva se la legge italiana consentiva questo tipo di attività o no. Questo mette molto in difficoltà la gente del nostro mondo, in Italia si rischia la galera. Dal 1999 io lavoro e produco solo all'estero». Senza considerare che l'hard non sarebbe più redditizio come un tempo: «Siamo stati tra i primi - sostiene Siffredi - a risentire della crisi. Basti pensare che in pochissimi anni i siti che vendevano illegalmente i miei prodotti sono passati da 460 a 11.800». (Agenzia Radiocor)