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È legge il decreto sulle fondazioni liriche

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2010 alle ore 16:10.

È legge il decreto sulle fondazioni liriche. Il semaforo verde al contestato provvedimento si é acceso con 150 sì, 112 no e 3 astenuti. A favore hanno votato Pdl e Lega, contrari Pd, Idv e Udc-Svp-Autonomie. Gli ultimi fuochi sul provvedimento si sono consumati in aula oggi al Senato, dove il via libera definitivo é giunto dopo un rapido passaggio in commissione Istruzione. L'opposizione ha tentato di dare battaglia sul provvedimento che scadeva oggi, ma le feree regole del Senato non hanno concesso loro spazio. Nonostante il controllo continuo del numero legale e l'atteggiamento ostruzionistico, non hanno potuto sconfiggere la maggioranza che ha serrato le file e si é presentata in aula assicurando il numero legale in un sonnacchioso giorno festivo per la Capitale, che festeggia San Pietro e Paolo. I lavoratori della Scala, intanto, hanno iniziato una pacifica forma di protesta improvvisando un concerto sotto i portici del teatro milanese.

Non sono mancati al momento di votare i cartelloni dell'Idv con svariati slogan: «No alla cosca, sì alla Tosca», «é l'ennesima Traviata del governo», «Bondi, con questa legge non ascolterai più ridi pagliaccio», «Berlusconi, l'unico Don Giovanni che ci piace é quello di Mozart», «governo, uno spettacolo indegno».

Il provvedimento ha l'obiettivo di mettere mano ai bilanci dissestati della maggior parte delle 14 fondazioni lirico-sinfoniche del paese. Sul fronte del lavoro é previsto il blocco del turnover, con aperture per gli enti virtuosi, un giro di vite sulla contrattazione integrativa, il divieto di assunzioni a tempo indeterminato, con tempi di attuazione non immediati. Il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi in aula si é detto dispiaciuto per l'atteggiamento delle opposizioni che hanno parlato del decreto sulle fondazioni liriche come di un pasticcio «e non invece come di un fatto nuovo e positivo avvenuto in questo Parlamento».

Poco più di una cinquantina gli emendamenti presentati, esattamente 53, di cui 19 del Pd e gli altri dell'Idv. Due le pregiudiziali di costituzionalità, una targata Pd, l'altra Idv, sono state respinte dall'aula. Come l'ordine del giorno Pd e Idv. «È indispensabile – ha detto Franco Asciutti (Pdl), relatore del provvedimento, al Sole24ore.com – evitare gli sprechi. In tutto il mondo più si alzano i sipari, più aumentano gli incassi. Solo in Italia più si alzano i sipari, più aumentano i costi, C'è disattenzione ad arrivare al pareggio del bilancio e a non spendere più di quanto si ha».

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Non é riuscito a dare battaglia il Pd che al Senato ha anche puntato a ripristinare buoni rapporti con l'Idv. Dopo una stressante battaglia ostruzionistica alla Camera, infatti, il partito di Di Pietro aveva rotto con gli onorevoli del Pd, che aveva ottenuto, insieme all'Udc, l'accoglimento di una decina di emendamenti condivisi. Comunque pollice verso del partito di Bersani sul provvedimento. «È palesemente incostituzionale – ha sostenuto Vincenzo Maria Vita (Pd) al Sole24ore.com – visto che dopo la riforma del titolo V della Costituzione non si potrebbe fare un testo così centralista in materia concorrente con le Regioni. Tanto che si annunciano già ricorsi della regioni, prima fra tutte la Toscana».

«Il governo ha mostrato una schizofrenia con il testo stonato del decreto sulle fondazioni», ha detto al Sole 24ore.com il dipietrista Fabio Giambrone, vicepresidente del gruppo Idv e capogruppo nella commissione. Rispetto «al serio riordino del sistema lirico-sinfonico chiesto con voto unanime dalla commissione Istruzione del Senato con la risoluzione del 18 marzo 2009, che tracciava un percorso chiaro di riforma si é preferito adottare un provvedimento vergognoso. Il vero problema del settore è quello di avere risorse certe». Per Giambrone quella approvata é una legge che «lede la dignità dei lavoratori del mondo dello spettacolo, e che dopo il massacro della riforma della scuola segna lo smantellamento definitivo della cultura italiana da parte del governo».

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