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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2010 alle ore 09:41.
«Ormai non ci sfugge più nessuno». Parola di Luigi Magistro, direttore centrale accertamento dell'agenzia delle Entrate, che in un recente appuntamento pubblico (si veda «Il Sole 24 Ore» del 6 agosto scorso) ha usato una formula efficace per riassumere le chance che si aprono grazie all'«occhio fiscale», cioè la grande quantità di dati presente nei database a disposizione del fisco e delle informazioni che scaturiscono dai molteplici intrecci possibili di questi stessi dati.
Molte barriere sono destinate dunque a cadere. E anche qualche vecchio confine, come quello che relegava il redditometro alla ricerca delle entrate occultate dalle partite Iva. Nella rete dei nuovi meccanismi, invece, finiranno anche i lavoratori dipendenti, che sfuggono al fisco quando imboccano le varie strade dell'economia in ombra. Con un ventaglio di possibilità tutt'altro che trascurabile: c'è infatti il lavoro nero tout court, ma anche il grigio rappresentato dal secondo impiego non ufficiale, oppure dal lavoratore che ottiene il versamento di contributi per non pregiudicarsi la pensione e accetta una retribuzione occultata al fisco. Una pratica diffusa soprattutto in alcuni settori economici, che oggi però diventa più facile da scoprire a causa di un nuovo incrocio telematico: quello fra anagrafe tributaria e flussi informativi dell'Inps sui versamenti.
La partita si gioca in realtà su un campo enorme. Dei 2,96 milioni di lavoratori in nero stimati dall'Istat, infatti, 2,3 si annidano nell'ambito del lavoro dipendente, e la stragrande maggioranza (77,5%) si concentra nel settore dei servizi; da soli, alberghi, ristoranti e negozi arruolano secondo l'istituto di statistica un milione di lavoratori irregolari.
Proprio in questi settori (senza trascurare però l'edilizia) sono più frequenti, accanto al "nero totale", i secondi lavori, magari saltuari, che offrono entrate extra, di cui si ritiene superfluo dare contezza al fisco. «Queste tipologie di evasione – sottolinea Magistro – sono individuabili solo con l'accertamento sintetico, perché nel caso dei lavoratori dipendenti non esistono strumenti alternativi di ricostruzione del reddito, come accade per gli autonomi con gli studi di settore». Naturalmente il rischio cresce insieme all'ammontare delle somme in gioco.