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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2010 alle ore 09:37.
Dopo 18 anni, durante i quali sono intervenute – tra l'altro – la fine dell'inderogabilità dei compensi minimi e l'unificazione tra dottori e ragionieri, i commercialisti avranno la nuova tariffa professionale. Per professionisti e clienti significa aumenti, come riferimento, del 50% rispetto agli onorari del 1992. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha firmato il decreto con le nuove "quotazioni", di riferimento per quanto riguarda i valori minimi, delle attività professionali. Secondo il presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti Claudio Siciliotti si tratta di «un riferimento prezioso».
Il provvedimento – dice Massimo Mellacina, che per il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili si occupa delle questioni legate alla tariffa – deve essere registrato alla Corte dei conti, quindi sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale». La nuova tariffa dovrebbe dunque entrare in vigore nel giro di poche settimane, forse dal 1° novembre.
Dell'entità dell'aumento - il 50% – si è detto: alla fine, anche dopo le osservazioni del Consiglio di Stato, il Consiglio nazionale ha rinunciato a un adeguamento perfettamente in linea con l'inflazione, che avrebbe innalzato le tariffe del 54,8 per cento. Il +50% è stato applicato ai compensi fissi e ai valori degli scaglioni che costituiscono la base per calcolare gli onorari: in quest'ultimo caso, se l'aumento fosse stato applicato alle percentuali per calcolare l'onorario, si sarebbe determinato un effetto moltiplicatore, con un rincaro per i clienti ben superiore al 50% "nominale".
D'altra parte, l'aumento delle parcelle – se si seguirà il nuovo tariffario – sarà comunque più alto dell'allineamento (o quasi) all'inflazione. Il costo della prestazione sarà determinato non solo dall'onorario del professionista (fisso, a scaglioni o graduale), dall'indennità (che "retribuisce" le assenze dallo studio, la rubricazione e la formazione dei fascicoli e il deposito di libri e documenti) ma anche dalla voce «spese generali di studio». Si tratta di una componente che era stata cancellata nella tariffa del '92 e che ora torna nella misura del 12,5% degli onorari. Per venire incontro alle richieste del Consiglio di Stato, nella versione definita del decreto, è stato fissato un tetto di 2.500 euro.