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Norme e Tributi Diritto

Così la sentenza della Consulta sugli espropri illegittimi rimette in gioco la proprietà dei beni

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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2010 alle ore 14:15.

Senza pace le espropriazioni per pubblica utilità, procedure che vedono in conflitto i diritti dei proprietari e gli interessi della collettività. Per rimediare ai frequenti errori possibili nelle procedure, nel 2001 il Dpr 327 aveva varato «l'acquisizione sanante» (articolo 43), riconoscendo il risarcimento danni (con interessi) per i casi di aree utilizzate per scopi di interesse generale.

La sentenza 293 depositata dalla Corte costituzionale giovedì scorso (si veda Il Sole 24 Ore di sabato 9 ottobre) ha eliminato questa norma, ritenendola eccedente rispetto alla delega normativa che la doveva legittimare. In attesa di un prevedibile nuovo intervento legislativo, questa pronuncia, come tutte le sentenze dei giudici costituzionali, si applica alle vicende pendenti alla data della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Da quella data non saranno quindi più possibili le «acquisizioni sananti» regolate dall'articolo 43 in danno di chi ha procedure ancora aperte, cioè di coloro i quali hanno perso il possesso di un'area perché l'amministrazione se ne è impadronita senza pagare alcunché e senza emettere alcun provvedimento.

La sentenza invece non riguarda coloro i quali hanno subito la sottrazione di fatto di un immobile (o hanno vinto un ricorso al Tar) e hanno ricevuto il provvedimento di acquisizione non più impugnabile per decorso dei 60 giorni dinanzi al giudice amministrativo (120 giorni con ricorso straordinario, ma senza sospensione feriale), oppure hanno concordato una cessione dell'area con formale atto scritto.

Per chi ha procedure ancora aperte, cioè per chi ha subito la sottrazione di fatto, non opera la prescrizione (quinquennale per gli atti illeciti): ancor oggi, quindi, chi non ha ricevuto alcun provvedimento per un'area sottratta quindici anni fa, può chiedere il risarcimento o la restituzione dell'area. Se invece c'è stata la notifica di un provvedimento (di acquisizione sanante, a norma dell'articolo 43 del Dpr 327/2001), e questo provvedimento non è più impugnabile, non vi sono possibilità di riottenere l'area, dovendosi accontentare del risarcimento del danno (con interessi moratori ed eventuale dimostrazione di occasioni perdute di ulteriore reddito).

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Il meccanismo previsto dal legislatore del 2001 e oggi inceppato consentiva all'ente espropriante di rimediare a comportamenti di fatto (aver sottratto senza un titolo idoneo un' area), o a sentenze di annullamento (ad esempio per mancato rispetto dei termini): era sufficiente che il soggetto pubblico verificasse l'utilizzazione del bene per scopi generali per poter poi disporne l'acquisizione pagando i danni (pari al valore venale oltre gli interessi moratori).

Le situazioni che potevano esser governate in questo modo erano le più varie: occupazioni di aree non previste, errori catastali o di progettazione, tracciati parzialmente difformi a causa del territorio, opere realizzate a termini già scaduti, e ancora opere iniziate su aree con vincoli quinquennali già scaduti, interventi annullati dai giudici amministrativi per carenza del giusto procedimento (rispetto dei termini, difetto della partecipazione, eccedenza dell'opera rispetto l'interesse pubblico). I casi più rilevanti riguardano le destinazioni definite reversibili, cioè quelle che non hanno una esclusiva impronta pubblicistica.

Mentre una strada già realizzata, o un cimitero già ampliato, non si prestano ad alcuna restituzione, esistono numerosi interventi reversibili in quanto utilizzabili anche da privati. Ad esempio le case per anziani, scuole, palestre, impianti sportivi, piscine, le zone verdi, i parchi pubblici, sono interventi che, se realizzati con procedure dichiarate illegittime, espongono le amministrazioni a richieste di restituzione sia del terreno che del manufatto sovrastante.

L'articolo 43 oggi dichiarato illegittimo escludeva appunto che il privato potesse chiedere la restituzione di quei luoghi che, seppur modificati, erano ancora suscettibili di un'utilizzazione economica privata. Ad esempio, a Merano si discute da oltre vent'anni del regime di una villa destinata a casa protetta per anziani (destinazione ritenuta reversibile), mentre in diverse Regioni parchi e zone sportive sono chieste in restituzione per utilizzi privati, anche se esistono manufatti realizzati a spese pubbliche

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