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Norme e Tributi Fisco

Da Arezzo: l'interpretazione delle norme tributarie sia affidata ai commercialisti

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Questo articolo è stato pubblicato il 18 ottobre 2010 alle ore 17:37.

In occasione del secondo congresso nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, in programma a Napoli dal 21 al 23 ottobre, abbiamo invitato i nostri lettori commercialisti ed esperti contabili a inviarci il racconto di una "giornata con il fisco". Altri sono in arrivo e il contributo è aperto a tutti i professionisti che vogliano inviarci analoghi appunti e riflessioni sul tema. Scrivete le vostre storie nella spazio dei commenti in fondo al testo dell'articolo.

Non posso dire che non mi è mai capitato di avere difficoltà con l'Agenzia delle Entrate, così come comprendo l'irritazione dei colleghi di fronte ad atteggiamenti se non prepotenti quantomeno superficiali di funzionari e dirigenti dello Stato, a volte più attenti a tutelarsi dalle responsabilità che non a svolgere un vero ruolo di servizio verso i cittadini. Non posso però sottacere tutti gli esempi positivi di "Uomini dello Stato" che in questi anno ho avuto il privilegio di incontrare.

In questa sede però voglio affrontare una tematica particolare che riguarda il nostro ruolo di dottori commercialisti. Purtroppo mi è capitato di vedere colleghi (fortunatamente pochi) che vanno alle Agenzie delle Entrate a fare la questua, chiedendo che comportamento devono tenere. È vero facciamo un lavoro difficile e denso di responsabilità, ma è anche vero che la professione del dottore commercialista è quella cui lo Stato ha delegato il compito di garantire e tutelare un fondamentale bene pubblico quale è l'equità tributaria. E questo non è un ruolo calato dall'alto, ma un vero riconoscimento della collettività.

Se questo è vero, dobbiamo però tutti riconoscere una grave anomalia del nostro paese che lede alle radici questo bene primario tutelato dalla Costituzione (Art. 53 Capacità contributiva: bisogna pagare quanto si deve non più di quello che si può) e cioè la pervasività ormai fuori controllo delle circolari ministeriali in campo tributario. Questa è un po' anche colpa nostra e all'ormai nostro supino atteggiamento verso queste le circolari stesse.

Nel rapporto tributario lo Stato è parte e si contrappone al contribuente, anche se svolge un'attività nell'interesse della collettività. Allora come è possibile che ormai l'interpretazione della norma tributaria sia affidata di fatto ad una sola parte del rapporto e non rimessa ad un terzo soggetto che si interpone tra gli interessi privati e quelli pubblici in campo tributario? E a chi se non al corpo professionale cui lo Stato stesso (stavolta inteso come comunità, collettività) ha delegato la tutela dell'equità tributaria e cioè l'Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili ?

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Tags Correlati: Agenzia Entrate | Arezzo | Fisco |

 

Ritengo che sia urgente che il nostro Consiglio Nazionale si organizzi al fine di divenire l'organo chiamato a questa delicata funzione di interpretazione delle norme tributarie nell'interesse sia dello Stato che dei cittadini-contribuenti. Mi rendo conto dell'immane sforzo che può comportare un compito del genere (soprattutto economico), ma lo dobbiamo fare nell'interesse del paese e della giustizia.

Mi permetto di sognare che tra dieci anni le banche dati tributarie siano piene delle circolari Cndcec e che le circolari ministeriali tornino ad essere quello che sono e dovrebbero essere e cioè un mero strumento di coordinamento interno delle varie amministrazioni. Mi permetto di sognare una Agenzia delle Entrate che sta in trepidante attesa della nostra circolare e che magari ci critica perché l'abbiamo emessa un po' in ritardo o perché non la condivide e ne contesti il contenuto nei procedimenti davanti alle Commissioni Tributarie. Rimettiamo allora le cose nel giusto ordine. Ma attenzione: l'autorevolezza non è data per legge, bisogna guadagnarsela.
Fabio Battaglia
Dottore Commercialista in Arezzo

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