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Norme e Tributi Diritto

Intervista a Vietti: avvocati non state alla finestra

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 novembre 2010 alle ore 12:49.

Intervista al vicepresidente del Csm, Michele Vietti: «Avvocati non state alla finestra»

GENOVA. La funzione sociale dell'avvocatura a servizio della collettività, l'efficienza del sistema giudiziario italiano, civile e penale, la riforma della giustizia, le prospettive dell'attività forense, alla luce della riforma (di cui martedì in Senato è stato approvato il testo, in viaggio verso la Camera): tutti temi sviscerati attraverso mille sfaccettature a bordo della Costa Concordia a Genova, dove oltre 2mila legali italiani sono riuniti per il XXX congresso nazionale forense.

Dopo le relazioni di apertura della mattinata, il pomeriggio è animato dagli interventi dei rappresentanti delle associazioni. Vivace presa di posizione da parte di Ester Perifano, segretario generale dell'Associazione nazionale forense: «Il ministro della Giustizia ci ha tenuti impegnati due anni a discutere di una riforma alla quale speravamo ingenuamente di contribuire», ha dichiarato. «Eppure, il risultato licenziato da palazzo Madama dimostra che così non è stato, mentre nello stesso periodo dal ministero è partito il più articolato tentativo di smantellamento della giurisdizione pubblica degli ultimi anni: dalla delega sulla conciliazione all'intervento sul processo con l'ausiliario del giudice e la motivazione a pagamento. La riforma forense approvata dal Senato non risolve i problemi dell'Avvocatura: dov'è la modernizzazione?». Critiche, inoltre, sulla materia delle specializzazioni. Secondo Perifano occorre «reagire con forza perché più la legittimazione sarà forte, più l'avvocatura sarà in grado di dettare la sua agenda».

Gli effetti della crisi
Il ceto forense paga il suo contributo alla crisi, in termini di generale riduzione dei redditi, con difficoltà crescenti in particolare fra i più giovani. L'allarme arriva da Marco Ubertini, presidente della Cassa di Previdenza e Assistenza Forense (oltre 156mila iscritti), che lo rilancia da Genova, dove fino a sabato è in corso il XXX Congresso nazionale forense. Ma la congiuntura non è l'unica criticità: «Scontiamo il ritardo nell'approvazione di una legge professionale che si attende da oltre mezzo secolo. Paghiamo il fatto che tra i corsi di laurea quello in giurisprudenza è l'unico senza numero chiuso. In mancanza di altri sbocchi, i nostri albi sono diventati l'ultima speranza per i molti, troppi, laureati che non è esagerato definire 'nuovo proletariato'». La Cassa di previdenza e assistenza forense, la cui riforma è entrata in vigore il 1° gennaio 2010, lavora così per garantire strumenti concreti di aiuto. Sotto il profilo patrimoniale il quadro è solido: la prima nota di variazione al bilancio di previsione 2010, approvato dal Comitato dei Delegati lo scorso 11 novembre, attesta un avanzo di esercizio di oltre 450 milioni (rispetto a una previsione di quasi 277), che diventano oltre 700 milioni nel preventivo 2011. Dal canto suo la riforma della Cassa ha consentito di assicurare l'equilibrio attuariale fra entrate e uscite fino al 2040, con un patrimonio che a quella data supererà i 39 miliardi di euro.

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Dalla consulenza alla specializzazione, passando per l'effettivo esercizio della professione.

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«Tuttavia tra il 2008 e il 2009 il reddito medio annuo degli avvocati – rimarca Ubertini – è diminuito dell'1,1%, e la situazione peggiora se si guarda al valore reale del reddito, in flessione dell'1,8% circa. Critiche specialmente alcune aree strategiche, come la Lombardia, dove il reddito medio degli iscritti alla Cassa è diminuito del 2,9 per cento». Non solo: «Ci sono oltre 50mila colleghi iscritti agli albi, ma non alla Cassa, in gran parte sotto la soglia minima di reddito Irpef, 10mila euro annui, e dei ricavi Iva, 15mila annui. Avvocati tra i 25 e i 35 anni, il cui reddito annuo oscilla intorno ai 20mila euro, il che vuol dire, al netto dei contributi previdenziali e delle tasse, circa 1.200 euro al mese».


Per statuto la Cassa ha già alcuni strumenti per assistere gli iscritti in difficoltà. «Ma stiamo facendo di più – aggiunge Ubertini - anche considerando che per statuto è destinato all'assistenza il 3% dei ricavi contributivi e che i residui non erogati, pari a circa 8,93 milioni nel 2009, confluiscono nel Fondo straordinario di intervento, che oggi ammonta a circa 46 milioni. Siamo lavorando a nuove politiche di welfare più avanzato rivolte alle fasce più deboli. Non solo i giovani dunque, ma anche le donne, per le quali pensiamo a interventi migliorativi a tutela della maternità, e gli anziani, per cui stiamo studiando nuove misure a rimedio della non autosufficienza».

«Abolire le lenzuolate di Bersani»: lo chiede, dal XXX Congresso nazionale Forense in corso a Genova, Maurizio De Tilla, presidente dell'Oua, l'Organismo unitario dell'avvocatura italiana, emanazione del Consiglio nazionale forense, in sostanza la rappresentanza politica dell'avvocatura.

De Tilla, civilista patrocinante in Cassazione, al Congresso genovese insiste sulla necessità di abrogare la liberalizzazione "troppo spinta e controproducente" introdotta dalla legge Bersani: «L'abolizione delle tariffe e dei minimi degli onorari è un intollerabile intervento legislativo che va rimosso». Con il testo di riforma della professione, approvato martedì in Senato, si torna a dare «risposta adeguata alle preoccupazioni della categoria, che ha subito in questi anni una forte riduzione dei propri redditi, tanto per la crisi quanto per le conseguenze delle cosiddette lenzuolate».

«Ora ha prevalso il buonsenso e, per citare solo alcuni dei nodi più controversi, si ritorna alle tariffe minime, alla consulenza legale esclusiva, al ripristino del divieto di patto di quota lite. Rimane purtroppo in piedi uno sbagliato sistema di media conciliazione obbligatoria, penalizzante per gli avvocati, confuso e dannoso per i cittadini». Nei giorni scorsi l'Oua ha depositato un ricorso al Tar (firmato da molti consigli degli ordini, che in Italia sono in tutto 165, associazioni e singoli avvocati) contro il regolamento attuativo varato dal ministero di Giustizia. In elaborazione un'ulteriore impugnativa presso la Corte di Giustizia europea.

La media conciliazione obbligatoria, da pochi giorni già in parte in vigore, va eliminata, secondo le ragioni esposte dall'Oua e condivise dall'avvocatura (incostituzionale limitazione dell'accesso ai cittadini alla giustizia, aumento dei costi, abbassamento della qualità del servizio offerto), anche perché produttiva di un numero enorme di mediatori non qualificati - la stima è di oltre 30mila - «con una conseguente caduta di professionalità – afferma Di Tilla - a scapito dell'istituto stesso della conciliazione, che, invece, deve essere implementato e valorizzato, spontaneamente, senza coercizione e con la presenza necessaria dell'avvocato difensore».

«Oltre 100 dei garibaldini salpati dallo scoglio di Quarto, qui vicino, erano avvocati». Con questa citazione il genovese Guido Alpa, presidente del Consiglio Nazionale Forense, ha dichiarato stamane a Genova aperti i lavori del XXX Congresso nazionale, che prosegue fino a sabato. Il ruolo sociale dell'Avvocatura, il tema dei diritti, la riforma della professione forense, gli effetti della crisi economica sull'attività legale: questi i temi rilevanti nella relazione di Alpa che ha aperto oggi il congresso, con oltre 2mila legali riuniti a bordo della Costa Concordia, ormeggiata fino a sabato alla Stazione Marittima.

A 50 anni dall'ultima volta, Genova è tornata ad ospitare il congresso forense, avviato dai saluti di Stefano Savi, presidente dell'Ordine degli Avvocati di Genova e Segretario generale del congresso, e dal sindaco genovese Marta Vincenzi, che ha ricordato come, dai fatti del G8 nel 2001, Genova ami definirsi "città dei diritti". Tre giorni di dibattito promossi dal Consiglio nazionale Forense, dall'Organismo unitario dell'Avvocatura e dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense.

Circa la riforma della professione, approvata martedì in Senato, Alpa ne auspica il celere prosieguo dell'iter parlamentare: «Non può rimanere bloccata. Puntiamo alla riqualificazione della professione dell'avvocato, il quale va messo in grado di svolgere il proprio lavoro con dignità e decoro, adeguatamente retribuito». Alpa, che ha ricordato come la prima proposta di riforma della disciplina della professione forense fosse stata presentata al I congresso del dopoguerra tenutosi a Firenze nel 1947, ha definito di grande portata il via libera del Senato: «L'approvazione, avvenuta con 155 voti favorevoli, 114 contrari e 11 astenuti, è un fatto storico e confidiamo di poter persuadere anche le parti politiche che non l'hanno approvata che questo testo, equilibrato e progressivo, deve seguire il suo iter alla Camera senza intoppi o ripensamenti».

Altri temi trattati da Alpa, la revisione delle norme sulla mediazione che rischiano un giudizio di incostituzionalità, la riforme organica della giustizia, la riproposizione della figura dell'avvocato come tutore dei diritti in una dimensione europea, saldamente legato a canoni deontologici, il rafforzamento del suo ruolo di consulente anche fuori dalle aule di tribunale. Secondo dati Csf, attualmente sono 236mila in Italia gli iscritti agli albi; il reddito medio annuo non arriva a 50mila euro; negli ultimi dieci anni il numero degli avvocati è raddoppiato; il tasso di disoccupazione dei giovani si aggira tra il 20 e 30 per cento.

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