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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2011 alle ore 06:41.
La circolare dell'agenzia delle Entrate e del ministero del Lavoro 3/2011 ha confermato che per l'applicazione dell'imposta sostitutiva del 10% «è condizione sufficiente l'attestazione, da parte datoriale nel Cud, che le somme ... siano state erogate in attuazione di quanto previsto da uno specifico accordo o contratto collettivo territoriale o aziendale della cui esistenza il datore di lavoro, su richiesta, dovrà fornire prova».
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Appare chiaro l'intento premiale nei confronti della contrattazione di secondo livello, sia essa aziendale che territoriale; infatti il legislatore ha ritenuto non sufficiente la sussistenza di contratti collettivi nazionali. L'opzione del legislatore non appare comprensibile se non in un contesto di relazioni sindacali caratterizzato da qualche tempo da profonde lacerazioni.
Gli accordi sindacali di secondo livello, che costituiscono la condizione necessaria affinché il datore di lavoro possa assoggettare le somme collegate a efficienza e competitività all'aliquota del 10% devono essere sottoscritti a livello territoriale, aziendale o di gruppo, con i rappresentanti sindacali territoriali o aziendali.
La circolare insiste su una lettura non formalistica del dato contrattuale affermando che «per i contratti collettivi c.d. di diritto comune, in applicazione del principio generale di libertà di forma e come ribadito dalla giurisprudenza di Cassazione ... non esiste un onere di tipo formale, ragione per cui possono concorrere a incrementi di produttività, come non di rado avviene, accordi collettivi non cristallizzati in un documento cartolare e cionondimeno riconducibili, a livello di fonti del diritto, al generale principio di libertà di azione sindacale di cui all'articolo 39 della Costituzione».
La Cassazione ha da tempo ricondotto la contrattazione collettiva post corporativa nell'ambito della disciplina di diritto comune delle obbligazioni e dei contratti, complice la mancata attuazione dell'articolo 39 della Costituzione e l'articolo 1350 del Codice civile che non elenca fra gli atti che devono essere fatti per iscritto la categoria dei contratti collettivi. Di conseguenza, da tempo si ritiene che l'accordo sindacale possa essere raggiunto anche in forma verbale. Peraltro, è indubbio che la stipula in forma scritta dell'accordo collettivo renderebbe più agevole per il datore di lavoro, in caso di accertamenti, la prova circa l'esistenza delle condizioni per l'applicazione del beneficio. Tra l'altro, l'ipotesi di accordi verbali appare remota nell'esperienza sindacale: di qui il pericolo che la precisazione sull'inesistenza di forma vincolata possa prestarsi ad abusi e omissioni.