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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2011 alle ore 17:07.
La Cassazione stringe il cerchio sugli obblighi di vigilanza della Consob. L'ente di controllo e vigilanza, deve essere tale non solo di nome ma anche di fatto. I giudici di Piazza Cavour, con la sentenza n. 6681/2011(si legga il testo sul sito di Guida al Diritto) , hanno confermato la condanna della Consob al risarcimento del danno subito da un gruppo di risparmiatori, truffati tra il 1990 e il 1992 da una Società di intermediazione mobiliare (Sim), perché la Commissione è intervenuta soltanto tardivamente a sospenderne l'attività. Una condanna per responsabilità extracontrattuale, prevista dalla articolo 2043 del Cc, che si fonda sull'obbligo della pubblica amministrazione, riconosciuto dalla Cassazione, di improntare la propria attività al principio generale del neminem ledere.
La tesi della Consob
Bocciato, dunque, il ricorso con il quale la Consob contestava la condanna inflittale nel 2007 dalla Corte d'appello di Roma ritenendo «che non avesse operato con diligenza» nei confronti di un gruppo di risparmiatori. La Commissione si era difesa davanti ai giudici di legittimità sostenendo che non era tenuta ad operare controlli sostanziali ma solo formali sui prospetti di informazione al cliente. Secondo i giudici di Piazza Cavour, all'opposto, l'ente di vigilanza deve svolgere una funzione di garanzia dei risparmiatori non solo in base alle leggi specifiche che ne regolamentano l'attività, ma in modo tale da evitare, secondo un generale principio di buon senso, che i risparmiatori siano danneggiati.
Il principio di diritto. I supremi giudici al termine di quella che hanno definito «una complessa ma istruttiva vicenda» hanno precisato che: «L'attività della pubblica amministrazione ed in particolare della Consob deve svolgersi nei limiti e con l'esercizio dei poteri previsti dalle leggi speciali che la istituiscono, ma anche dalla norma primaria del neminem laedere, in considerazione dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione dettati dall'articolo 97 della Costituzione in correlazione con l'articolo 47 prima parte della Costituzione».
«Pertanto la Consob - prosegue il principio enunciato dalla Cassazione - è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'articolo 2043 del codice civile atteso che tali principi di garanzia si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario». Infine la Consob, parte soccombente, è stata condannata anche a pagare 15 mila euro di spese giudiziarie sostenute, per il giudizio in Cassazione, dai risparmiatori truffati. Non è invece nota l'entità della cifra che dovranno risarcire alle persone rimaste truffate.
Le conseguenze
Secondo il Consigliere di Cassazione Giuseppe Berruti «con questa importante decisione la Cassazione fornisce ai risparmiatori uno scudo protettivo vero e proprio per pararsi dai colpi delle finanziarie truffaldine: la direzione è quella di fornire, ai più deboli, una tutela effettiva e non solo formale». Il principio fissato dalla Cassazione, nei confronti della Consob, «è estremamente importante - aggiunge Berruti - perché in pratica la pubblica amministrazione deve preoccuparsi di evitare le ingiustizie e quindi le violenze sui più deboli, e a questo fine deve orientare i suoi poteri di controllo».
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