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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2011 alle ore 06:40.

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E così potranno essere disciplinarmente sanzionabili anche i commenti denigratori che possano recare danno all'impresa, tanto più se arbitrari e gratuiti, così come la diffusione di notizie e informazioni riservate. Naturalmente, spetterà al giudice valutare in concreto la gravità del fatto e, quindi, la proporzionalità della sanzione eventualmente irrogata dal datore di lavoro al dipendente, tenendo conto del contenuto delle dichiarazioni, dell'ambito di pubblicità e della finalità delle medesime, dell'intenzionalità della condotta.
Un'ultima questione riguarda l'abitudine, ormai piuttosto frequente, di utilizzare Facebook per attingere informazioni sui candidati all'assunzione. Questo comportamento viene sovente giustificato con il fatto che si tratta di informazioni personali che lo stesso soggetto sceglie di rendere in qualche modo pubbliche, quantomeno in ambiti particolari ("amici" o "amici degli amici"). Ma il problema è un altro. L'articolo 8 dello Statuto dei Lavoratori, richiamato anche dal Codice della Privacy, vieta qualsiasi indagine, anche pre-assuntiva, non solo sulle opinioni del lavoratore, ma anche su qualsiasi fatto che non sia rilevante ai fini della valutazione dell'attitudine professionale. La ricerca di informazioni personali sul candidato tramite Facebook è quindi da considerarsi illecita, ma è anche pericolosa per chi la effettua, dal momento che la violazione dell'articolo 8 dello Statuto dei lavoratori è sanzionata penalmente.
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La ricetta per evitare le liti
01 | TEMPO LAVORO
I dipendenti che accedono ai social network durante l'orario e sul posto
di lavoro "danneggiano" la prestazione contrattualmente dovuta in quanto sottraggono tempo all'attività lavorativa. Si tratta di un inadempimento sanzionabile.
Non solo: utilizzando il pc aziendale
(e il server per la connessione a internet) il comportamento può creare
anche problemi di sicurezza del sistema 02 | COMMENTI E INFORMAZIONI
Sanzioni disciplinari – fino al licenziamento – hanno già colpito i lavoratori che hanno denigrato sulla propria bacheca i superiori o l'azienda per la quale lavoravano.
È possibile che nell'intenzione
dei lavoratori si tratti di semplici considerazioni, al di fuori dell'ambito lavorativo. Ma la potenzialità
diffusiva di Facebook impedisce di
considerarli tali
03 | POLICY AZIENDALE
Alle aziende conviene adottare o adeguare le proprie policy, dettando regole chiare per l'utilizzo di Facebook
– che è il più diffuso – e degli altri social network
01|APPROCCIO RADICALE
L'azienda può vietare l'accesso dal posto di lavoro, inibendolo con un filtro preventivo sul server aziendale
02|APPROCCIO SOFT
In alternativa, il datore di lavoro può regolamentare l'accesso, limitandolo
in termini di tempo e di orari oppure facendo un generico riferimento
a criteri di ragionevolezza.
03|APPROCCIO MISTO
C'è un'altra ipotesi, una sorta di "compromesso" tra le prime due: il datore può bloccare l'accesso dal server aziendale e allestire una o più postazioni stand alone, con accesso autonomo
a internet, dalle quali sia possibile accedere alla rete e quindi ai social network, magari solo in determinati orari e per un tempo massimo
di connessione

01|IL POST È PUBBLICO
All'azienda conviene avvertire chiaramente i dipendenti che i siti di social network non hanno carattere "privato" e che tutto quello che viene "postato" diviene, di fatto, pubblico
02|CONTROLLO
È opportuno informarli che gli accessi,
il loro numero e la loro durata possono essere oggetto di controllo da parte dell'azienda, secondo le regole
e le modalità stabilite nella policy
03|DIVIETI
Tramite i social network non possono essere diffuse informazioni confidenziali sull'azienda, la sua attività, i suoi prodotti, le sue politiche e i suoi processi produttivi, nè riprodotti o copiati documenti aziendali. Nessun commento negativo sulla società, sui suoi dirigenti e amministratori, sui colleghi di lavoro può essere pubblicato sui social network.

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