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Questo articolo è stato pubblicato il 03 settembre 2011 alle ore 12:17.

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Non supera i 22mila euro (21.933 euro) il reddito medio degli italiani. Il 78% dei contribuenti guadagna meno di 28.000 euro all'anno. L'inflazione pesa su ciascun cittadino come una tassa da 235 euro. Queste le principali indicazioni che emergono dal 730 del 2011 di 1.300.000 dipendenti e pensionati italiani, elaborate dai Caf Acli in tutto il territorio nazionale.

L'inflazione mangia il reddito dei lavoratori dipendenti
Le tabelle diffuse oggi dalle Acli, nella terza giornata del proprio Incontro nazionale di studi a Castel Gandolfo, presente il ministro dellìEconomia, Giulio Tremonti, mostrano che i redditi complessivi crescono dello 0,43% rispetto alle dichiarazioni del 2010, ma in in realtà perdono l'1,07% a parità di potere d'acquisto. L'aumento viene infatti vanificato dal parallelo incremento dell'1,5% dell'Indice nazionale dei prezzi al consumo. Una "tassa" su ciascun contribuente pari a 235 euro, che diventano 373 euro per i lavoratori dipendenti (rispetto ai pensionati non hanno il "paracadute" dell'adeguamento automatico all'inflazione). Cassa integrazione, contratti di solidarietà, rinnovi contrattuali senza aumenti, incidono sul reddito dei lavoratori dipendenti - 25.419 euro - cresciuto in media di appena 9 euro nell'ultimo anno (+0.03%), con un rapporto negativo rispetto all'aumento dell'inflazione dell'1,47%. In generale, tre italiani su quattro (78%) dichiarano meno di 28000 euro. Uno su tre (32%) resta sotto i 15000 euro di reddito complessivo annui. Sopra i 75000 euro il 2% dei contribuenti.

Per il presidente delle Acli Andrea Olivero: «E' evidente la condizione di difficoltà del Paese. La riforma fiscale da attuare con le legge delega del Governo deve assolutamente sostenere il reddito dei lavoratori e delle famiglie. I tagli annunciati alle detrazioni fiscali sono incomprensibili e inammissibili. I sacrifici vanno chiesti ai redditi più alti».

Lombardia, la regione con i redditi più alti ma stagnanti
Analizzando la situazione delle regioni, la Lombardia registra il reddito medio più alto, 23.930 euro, ma con appena un +0,2% rispetto all'anno precedente, che si traduce in una perdita dell'1,48% rispetto all'inflazione e rivela una condizione di sostanziale stagnazione economica. Il reddito medio più basso è dei cittadini pugliesi: 16.763 euro; seguiti dagli abitanti della Basilicata: 16.857 euro. Il calo dei redditi rispetto all'anno precedente è più forte in Molise (-2,72%), Sicilia (-2,50%), Campania (-1,83%).

Crescono solo Trentino e Abruzzo
Le uniche due regioni con il reddito "reale" in crescita sono il Trentino Alto Adige e l'Abruzzo. Gli abruzzesi cominciano finalmente a risentire dell'effetto-ricostruzione e dei conseguenti benefici goduti sul piano fiscale. Il reddito medio della popolazione è passato dai 20.829 euro del 2009 ai 21.278 euro del 2010: un incremento del 2,15% in termini assoluti, che mantiene il segno positivo (+0,65%) anche a parità di potere d'acquisto con l'anno precedente. In Trentino, l'aumento è del 2,48%, che diventa +0,98% al netto dell'inflazione. Un cittadino di Trento ha dunque messo in tasca 208 euro in più rispetto all'anno passato.

Nelle regioni ricche 400 euro in meno nelle tasche
Tiene anche, ed è un'eccezione, il reddito dei dipendenti nel Lazio. In tutte le altre regioni (Trentino e Abruzzo a parte) la diminuzione del reddito reale delle persone è stata pesante, a cominciare anche dalle ricche regioni del Nord. In Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, abbiamo mediamente oltre 400 euro all'anno in meno nelle tasche di ogni lavoratore.

Tagli alle detrazioni: un conto da 350 euro pro-capite
«Ma è dalle stesse tasche - affermano le Acli - che si rischia, nei prossimi due anni, di tirare fuori ancora qualcosa». Il rapporto del Caf Acli ha infatti analizzato anche i dati delle detrazioni che ogni contribuente inserisce nella sua dichiarazione dei redditi. Dai familiari a carico ai mutui, dalle spese mediche all'università dei figli, il governo ha infatti previsto una serie di tagli lineari nei prossimi due anni su tutte le forme di sgravi fiscali che porterebbero ad una riduzione del 5% il primo anno e del 20% nel secondo. Conti alla mano,- ad ogni dipendente o pensionato, nei prossimi due anni si profila una riduzione delle detrazioni, e dunque un innalzamento delle imposte, di oltre 350 euro a testa.

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