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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2012 alle ore 13:08.
Se in amore tutto è lecito questa volta la "passione" sembra davvero aver superato il limite. E la Corte di cassazione ci ha messo del suo. I giudici di Piazza Cavour, sentenza n. 3221/2012, (si legga il testo sul sito di Guida al diritto ), infatti, hanno assolto dal reato di diffamazione e violenza privata un uomo sulla sessantina, residente a Chiavari in Liguria, che per ripicca verso la ex moglie aveva affisso sulla porta di casa della sorella una foto di lei intenta a compiere un atto sessuale .
La crisi durava da un decennio
Ma andiamo per gradi. I due stavano vivendo ormai da più di un decennio una storia travagliata in cui si prendevano e si lasciavano continuamente, fino a quando lei stufa dei soprusi dell'ex lo aveva denunciato e ne aveva anche ottenuto la condanna in primo e secondo grado. La situazione fra l'altro era resa ancora più difficile per il fatto che vivendo entrambi nello stesso condominio, l'ex marito continuava ad esercitare su di lei un controllo pressante, al punto da arrivare anche a introdursi di notte, e a sua insaputa, in casa, grazie al possesso di un paio di chiavi dell'appartamento. Una violazione di domicilio contestatagli, da cui però era stato assolto per intervenuta prescrizione.
Per la Cassazione non è provato che qualcuno l'abbia vista
In un crescendo l'ex marito arriva a esporre un pianerottolo una foto osé della moglie. Ma, con un ragionamento in punto di diritto che lascia qualche dubbio nel lettore, la Suprema corte ha annullato le condanne di primo e secondo grado, escludendo che sussistessero gli estremi della diffamazione e di conseguenza anche della violenza privata. Infatti, spiega dottamente la Corte «la diffamazione è reato di evento che si consuma nel momento e nel luogo in cui i terzi percepiscono l'espressione ingiuriosa».
E siccome nel caso in questione a mancare sarebbe proprio la prova che la fotocopia della fotografia sia stata effettivamente vista da altre persone, il reato non sussiste. Infatti, «non può ritenersi essere esistente il requisito della comunicazione del fatto ingiurioso a più persone, che ne abbiano avuto effettiva conoscenza». Non solo, in tal modo è caduta anche l'accusa di violenza privata perché tolta di mezzo la diffamazione non sussiste più neppure la prova del tentativo di costringere la donna a riprendere la relazione con lui. Alla fine però il dubbio che qualche condomino quella foto l'abbia vista rimane.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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