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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2012 alle ore 10:57.

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ROMA - Il giorno dopo la levata di scudi dei vertici dell'Abi contro la norma, contenuta nel decreto liberalizzazioni, che annulla le commissioni bancarie sulle linee di credito, il Parlamento prova a uscire dal cul de sac in cui si è infilato dopo il disco verde del Senato al maxiemendamento.
La strada, però, è in salita nonostante sia già cominciato il lavorio per correggere la rotta, mentre il Governo resta alla finestra.

La via al momento privilegiata sembra quella del Dl semplificazioni visto che i due relatori del provvedimento, Stefano Saglia (Pdl) e Oriano Giovanelli (Pd), hanno già depositato un emendamento al testo, il cui esame riparte martedì prossimo, alla Camera, nelle commissioni riunite Affari costituzionali e Attività produttive. La modifica, a firma congiunta, ripristina il disegno originario della norma contenuta nel Dl liberalizzazioni, stabilendo la nullità di tutte le commissioni solo per gli istituti di credito che non si sono adeguati alle norme sulla trasparenza fissate nella delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (Cicr).

Ci sono però non pochi problemi che rendono intricato il raggiungimento del traguardo. Il primo riguarda il tassello a cui agganciare la correzione. Poiché non è possibile modificare la legge di conversione del decreto liberalizzazioni, non essendo questa ancora entrata in vigore, si punta a cambiare la norma originaria contenuta nel Testo unico bancario (Tub). L'altro aspetto è poi rappresentato dall'ammissibilità di una simile modifica in un decreto in cui non c'è traccia di misure sul credito e sulle banche. Tanto più che sul Parlamento aleggia ancora il richiamo del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Che, giusto qualche giorno fa, ha bacchettato le Camere invitandole a non infilare nei decreti "omnibus" argomenti fuori tema, come ricorda la presidente della commissione Attività produttive, Manuela Dal Lago (Lega). «Si è diventati estremamente rigidi nel criterio di ammissibilità, anche per seguire le indicazioni del capo dello Stato».

Rilievi che sono peraltro ben presenti anche ai relatori del Dl semplificazioni. «Ridurre i costi bancari - spiega Saglia - è un obiettivo nostro come relatori e del Pdl. Con il decreto liberalizzazioni però si è andati oltre le reali intenzioni e va corretto. Certo non è ancora stabilito se sia il Dl semplificazioni lo strumento giusto».
Per questo resta in piedi anche un'altra via, la più pulita dal punto di vista legislativo, cioè quella di correggere la norma durante il passaggio alla Camera del Dl liberalizzazioni. Una scelta che però innescherebbe la necessità di una terza lettura al Senato. Ma il decreto scade il 24 marzo e i tempi sarebbero strettissimi. Senza contare, poi, che, se a prevalere fosse la strada del Dl semplificazioni, potrebbe sorgere anche un'altra difficoltà visto che il decreto verrebbe approvato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale una decina di giorni dopo l'altro, ipotizzando che si sfrutti tutto il tempo a disposizione per l'esame e il via libera. Si creerebbe così un interludio durante il quale, in attesa della correzione, entrerebbe in vigore la norma contestata dall'Abi. Che non a caso, come ha fatto anche il Governo, ha acceso un faro su questo scenario.

Insomma, la matassa appare intricata. E, a far salire la temperatura, contribuisce anche lo scontro tra i partiti che hanno votato l'emendamento. Dal Pdl - nelle cui fila non mancano i sostenitori della norma («un calcio agli stinchi delle banche fa solo bene», avverte Guido Crosetto) - il capogruppo del Senato, Maurizio Gasparri, attribuisce la paternità al Pd (l'emendamento è stato in effetti presentato dalla senatrice democratica, Anna Rita Fioroni) e parla di «uno scontro a sinistra, politica e non solo», dopo aver invitato le banche «a ragionare con calma con tutti i soggetti istituzionali». Ma i democratici, per bocca di Anna Finocchiaro, presidente dei senatori, ribadiscono la loro versione: dall'emendamento «è saltata» la frase che circoscriveva la norma alle sole banche che non adottano la normativa sulla trasparenza. Gli atti parlamentari, però, raccontano un'altra storia visto che l'emendamento approvato risulta sempre privo della frase «saltata». Anche il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, critica la modifica. «Quella norma è una follia, la cambieremo». Mentre il numero uno dell'Idv, Antonio Di Pietro, si scaglia contro la protesta dell'Abi, parlando di «una furbata». Al di là delle dichiarazioni ufficiali, però, i partiti non sono compatti. E il fronte di coloro che non vorrebbero modificare la norma è assai consistente. Un'incognita in più nell'accidentato percorso di correzione.

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